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Cattolici e democrazia cristiana nell’Italia Repubblicana

Analisi di un consenso politico

Formato: 17 x 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 176

Anno edizione: 2000

ISBN: 9788849200492

EAN: 8849200498

UB. INT. : T517A V34d V23b BRAMP31

Contenuto

Il crollo della Democrazia Cristiana è stato altrettanto veloce quanto, per molti, inatteso. Più volte, infatti, in circa mezzo secolo, essa era parsa in difficoltà politica, ma poi le urne l’avevano confermata come l’elemento centrale e, sembrava, imprescindibile del sistema politico dell’Italia repubblicana. Certo, l’insediamento prolungato al vertice del potere politico, con la conseguente disponibilità di strumenti e di risorse per il consenso, aveva contribuito a fornire tale immagine di inamovibilità e di inattaccabilità. Allo stesso modo, nonostante la crisi dovuta alla secolarizzazione e le affermate fini dei collateralismi, altrettanto automatico poteva apparire l’apporto di consenso che ad essa continuavano a recare le relazioni privilegiate stabilite con la chiesa e le organizzazioni cattoliche. Questo volume analizza appunto, i modi, gli strumenti, gli orientamenti attraverso i quali tale consenso si è realizzato e i soggetti che ne sono stati gli attori. Questo è il filo conduttore, il quale non fu né scontato né determinato in maniera univoca. Durante le prime fasi della trasformazione economica e sociale del paese, il partito fu in grado di aggiornare i termini di tale rapporto e le correnti ne furono uno strumento importante. Accanto alle ragioni legate all’esercizio del potere, esso aveva radicamenti ­ che trovano gli elementi ideologici unificanti nell’anticomunismo e nel riconoscere come proprie le ragioni dello Stato democratico e della scelta occidentale ­ in un intreccio di valori ideali e di bisogni popolari. Già prima del crollo dei regimi comunisti, nella fase dell’espansione quantitativa dei ceti medi, tradizionale riserva di consenso del partito, proprio l’affievolirsi di motivazioni ideali innestate nel retroterra confessionale e in una specifica tradizione di cultura politica, nell’impossibilità di espansione della spesa pubblica, ha finito per esporre il partito alla fluttuazione di un’opinione pubblica attraversata da tendenze di un individualismo radicale. Essa trovava altri soggetti politici che sembravano più omogenei alla nuova composizione sociale dell’Italia postindustriale di fine Novecento.

Antonio Parisella, professore di Storia contemporanea e di Storia dei movimenti e dei partiti politici nell’Università di Parma, è vicepresidente del Museo storico della Liberazione di Roma e fa parte del comitato direttivo dell’Istituto nazionale di sociologia rurale. E’ autore del volume “Sopravvivere liberi. Riflessioni sulla storia della Resistenza a cinquant’anni dalla Liberazione” (Gangemi, Roma 1997). Studioso di storia della società rurale e dei movimenti sociali e politici del ‘900, suoi saggi sono in “La riforma fondiaria: trent’anni dopo”, a cura dell’INSOR (Angeli, Milano 1979), “Cattolici, Chiesa, Resistenza”, a cura di G. De Rosa (Il Mulino, Bologna 1996), “La Resistenza tra storia e memoria”, a cura di N. Gallerano (Mursia, Milano 1997), “Gli italiani e il tricolore”, a cura di F. Tarozzi e G. Vecchio (Il Mulino, Bologna 1998), “Left Catholicism in Europe”, a cura di E. Gerard e G. R. Horn (Leuven University Press, Leuven 2000). Ha coordinato ricerche poi pubblicate nei volumi da lui curati: “Gerardo Bruni e i cristiano-sociali” (Edizioni Lavoro, Roma 1984), “La bonifica della pianura pontina” di F. Vochting (Sintesi Informazione, Roma 1990), “La Capitale e lo Stato” (Kairos, Roma 1992), “Roma e il Lazio 1930-1950. Guida per le ricerche” (Angeli, Milano 1995).

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