Architettura e città. Questioni di progettazione
Print - Didattica 2
A cura di: Panella Raffaele
Formato: 15 x 21 cm
Legatura: Rilegato
Pagine: 192
Anno edizione: 2008
ISBN: 9788849214376
EAN: 8849214375
UB. INT. : T714D V01b
Contenuto
Con questo secondo Print Lello Panella propone un bilancio ed anzi lo chiede, condividendo l’esigenza non posso che essergli grato di avere scelto il nostro Dipartimento di Architettura per insistere su quei rapporti forti tra didattica e ricerca che prima d’ogni altra cosa ci accomunano, anche con questi ombrosi chiari di luna. Rapporti che sono importanti sia sul versante dell’esercizio progettuale, dove ci accomunano anzitutto un interesse per il contesto urbano ovvero per l’urbano tout court, fino al suo “incorporare la dimensione urbana nel progetto di architettura”, sia su quello di un metodo formativo fondato sulla scelta intenzionata di modelli di riferimento raccolti dai docenti nel campo disciplinare vasto di quello che definisco il Modernocontemporaneo. Scontentando, lo so, simmetricamente modernisti e contemporaneisti ad oltranza, tutti presi adesso dal superamento del postmodernismo e dal problema davvero critico della crisi della critica (la quale non si era forse voluta confondere con la teoria, che dovrebbe essere sua complementare dialettica, universalizzante quanto quella relativizzante, come del resto nella baraonda fecero anche le poetiche, che dissimulavano la propria necessaria quanto libera soggettività?).
Ci distinguiamo, ma guardandoci spero a vicenda, per accentuazioni delle scelte nella polarizzazione continuità-dis/continuità nonché nella apertura ed articolazione del campo disciplinare, io più avventato e spratico forse preferendo una discontinuità verso la continuità ed un riconoscimento più azzardato di due esigenze, per la regina in crisi delle arti del non più solo disegno: da un lato, riconoscere i sempre nuovi materiali (pratici e poetici) e assemblaggi non più solo “compositivi”; dall’altro, riconoscersi come un soggetto – certamente, assiale! – nella multisoggettività e professionalità che agisce disordinatamente nella disordinata Roma città mediterranea.
“L’architettura va considerata non soltanto come l’arte del costruire ma anche come l’arte di impaginare lo spazionel senso più alto…spazio interno di un edificio… spazio esterno agli edifici, studiati entro i loro reciproci rapporti entro il nucleo urbano”.
Così, chiaro e semplice, Gillo Dorfles nel lontano 1972, L’architettura moderna. Egli stesso temeva che il peso cresciuto del Design pervasivo – dal product design allo shelter design (sì: l’architettura come design cioè progetto del riparo) al city planning eccetera – potesse diventare eccessivo. Con lui tuttavia accetterei quella sfida di separazioni e interferenze e contaminazioni, come quelle dei nuovi mattoni della sostenibilità (pratica, non declamata) oppure dello “spazio
Con il quale del resto i fatti stessi della Roma da entrambi amata mi ricongiungono, quando soprattutto nella piana flaminia i nostri contesti e testi o modelli diventano analoghi, dal Monolite del Foro italico all’Auditorium parco della musica, da Moretti a Zaha Hadid, nella reinterpretazione infinita che Monumenti totalitari e Oggetti singolari se non anarchici portano all’impianto storico ancora non abbastanza stratificato.
Ricordati di ricordare, Remember to remember, è un titolo di Henry Miller, quello non proprio bene ordinato in exergo di La torre di Babele a proposito del caos come ordine che ancora non comprendiamo. Ecco, il Lello del binomio radicamento-deformazione ed io forse di quello deformazione – radicamento sappiamo che ricordare è attività non naturale ma intenzionale, che riguarda sempre all’indietro con gli occhi e i temi dell’oggi (sapendo anche che gli Antichi Maestri ti guardano a loro volta), e che -oltre gli usi pubblici della storia – le etimologie stesse ci chiedono sottigliezze e talenti difficili: ri-cordare, ri-membranze, ram-mentare, memorizzare, mnestico come Mnemosine madre delle Muse di cui è Maestro Apollo-Dioniso, sono cose differenti di cui farci carico senza schematismi. Confrontandoci anche con il rapporto acutamente dialettico di Koolhaas con Le Corbusier, di Nouvel di Sanaa di Zumthor con Mies van der Rohe, per esempio.
Poiché pur criticando -nella crisi dell’architettura italiana… e… dell’organismo urbano?- accettiamo la pluralità basica del mondo modernocontemporaneo, dentro la quale scegliere (di proporre-imporre) le nostre verità senza pretendere di sottoporre ad una nostra verità universale – teorica ovvero apodittica- il mondo.
Spero di avere così steso miei primi appunti per quel dibattito che Lello propone, e che chiede, credo, messe a punto con qualche mossa a destra e qualcun’altra a sinistra. Una ricerca sulla didattica deve partire dalla coscienza del carattere introduttivo e progressivo della formazione, quindi dei suoi limiti intrinseci, compensando reciprocamente coraggiose aperture alla attitudine inventiva (critica e mitica) e responsabili riduzioni di codici-canoni appropriati all’apprendimento, da parte di quello che è il prodotto ultimo, attraverso il processo ed il prodotto progettuale: il soggetto architetto nelle sue appropriate sfaccettature.
Dalla presentazione di Antonino Terranova
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