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A scuola di restauro

Le migliori tesi degli allievi dell'Istituto Centrale per il Restauro e dell'Opificio delle Pietre Dure negli anni 2003-2005

Formato: 17 x 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 224

Anno edizione: 2008

ISBN: 9788849213669

EAN: 8849213662

UB. INT. : T433C V15f V57d

Contenuto

Venti articoli restituiscono, in forma breve, i contenuti di altrettante tesi di diploma discusse dagli allievi della Scuola dell’Istituto Centrale per il Restauro e dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. Selezionate tra le migliori degli ultimi anni accademici, esse documentano l’impegnativo e appassionante lavoro di studio, ricerca e sperimentazione svolto dagli allievi, con la guida e il supporto di tutti i loro docenti, su tipologie diverse di manufatti, dipinti murali e da cavalletto, vetri, arazzi, metalli. Il rigore metodologico e l’approccio interdisciplinare, comuni a tutti i lavori che si presentano, sono alla base dell’alto livello qualitativo che da sempre connota l’insegnamento delle due Scuole di Alta Formazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Quando nel 2003 per la prima volta si decise di presentare ad un pubblico più ampio le cinque migliori tesi degli allievi dell’Istituto Centrale per il Restauro, insieme a quelle degli allievi dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, fu essenzialmente per dare conto, al di là di un intento che potrebbe apparire autocelebrativo, dell’alto livello dei percorsi formativi delle due Scuole del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. In quella presentazione, svoltasi nella sala dello Stenditoio al San Michele e ripetuta a Firenze nell’anno successivo, fu possibile realizzare l’incontro ‘A Scuola di Restauro’, titolo scelto anche per il presente volume.
Questa iniziativa, che riscosse un buon successo di pubblico, soprattutto tra i giovani interessati alle problematiche del restauro, fu anche una prima felice esperienza di collaborazione tra le Scuole dei due Istituti. Nella scelta delle tesi da presentare si sono privilegiate quelle che meglio testimoniano le linee di ricerca e i progetti di studio condotti dall’ICR, anche attraverso una discussione collegiale che ha visto a confronto la componente scientifica, quella storica e quella tecnica.
Alcune tesi prendono infatti spunto da più ampie esperienze di laboratorio e di cantieri didattici, spesso svolti fuori sede, in base ad accordi di programma con le Soprintendenze territoriali.
La multidisciplinarità è una caratteristica comune dei brevi saggi che si presentano, necessariamente ristretti, quasi in forma di abstract, rispetto ai più ampi contenuti delle tesi, perché è sostanzialmente un metodo di lavoro che da sempre connota la prassi dell’Istituto Centrale per il Restauro.
Naturalmente, ognuna delle tesi sviluppa, con un diverso peso, una delle componenti individuate, dando di volta in volta più spazio allo studio scientifico di particolari materiali o aspetti di degrado, o alle scelte metodologiche di intervento, o infine allo studio storico e delle fonti d’archivio, senza tralasciare gli aspetti connessi alla conservazione in ambiente museale e alla corretta presentazione delle opere.
Le tesi, pertanto, sono il risultato tangibile di una formazione di alto profilo non solo sotto l’aspetto del concreto operare, ma anche sotto quello teorico e metodologico.
Consapevolmente posso quindi affermare che la figura del restauratore che proviene dalle due Scuole non ha al momento termini di confronto e merita l’atteso riconoscimento che effettivamente equipari il titolo di diploma a quello della laurea specialistica (D.Lgs. n. 156 del 2006, art. 29, comma 9 e 9 bis).
Tutto questo a riconferma di una peculiarità che i due Istituti e le loro Scuole di Alta Formazione hanno sempre difeso e perseguito e di cui possono vantare un ampio consenso a livello internazionale.

Caterina Bon Valsassina
Direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro e Direttore
della Scuola di Alta Formazione per il Restauro dell’ICR

Non esito ad affermare che lavori di tesi paragonabili a quelli degli allievi delle due Scuole di Alta Formazione italiane nel restauro delle opere d’arte, presso l’Istituto Centrale del Restauro a Roma e l’Opificio delle Pietre Dure a Firenze, se ne vedono pochi, o forse nessuno addirittura, s’intende in campi affini. Lavori in cui la ricerca storica, la verifica scientifica, la riflessione metodologica vanno di pari passo con la progettazione di un intervento, che viene puntualmente calibrato sull’‘oggetto’ o sul tema proposto: e quello infine il candidato compie e svolge, riferendone in sede di tesi. E’ questa fase manuale che fa la differenza con la generalità di elaborati teorici o compilativi: è esperienza compiuta sul campo sotto la guida di docenti di rara preparazione, è tirocinio pratico dove finalmente la formazione teorica è messa al servizio dell’opera d’arte, conosciuta prima nelle sue criticità, poi recuperata; è collaudo della sensibilità, test di abilità, banco di prova per la mente, il cuore, le mani. E lo stesso vale per indagini, metodi, tecniche e strumentazioni a carattere innovativo, che pure possono fornire argomenti di tesi.
Il valore di questi lavori originali viene riconosciuto anche al di fuori degli ambiti specialistici, tanto che, per meritoria iniziativa dell’Associazione Bancaria Italiana, quest’anno 2007 una diplomata dell’Opificio scelta sulla base del merito è stata premiata, e messa in grado con il premio di avviare una propria attività .
La discussione delle tesi in Opificio, non rituale ma vivamente partecipata dagli allievi e, negli ultimi anni, supportata da presentazioni in Power Point di indiscutibile professionalità, è un momento di tale soddisfazione generale che ci è sembrato giusto – con Caterina Bon Valsassina e Massimo Bonelli pienamente d’accordo da parte dell’ICR – condividerlo con un pubblico più ampio. L’impegno di Maurizio Michelucci, di Alessandra Griffo e di tanti colleghi da parte fiorentina, hanno trasformato il sogno in realtà: e grazie all’ospitalità del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, le dieci migliori tesi del 2003 sono state presentate nella Sala dello Stenditoio nel complesso di San Michele a Roma, una giornata ripetutasi l’anno successivo a Firenze presso l’Auditorium dell’Archivio di Stato.
Di questa sortite (nel senso non solo di gite, ma di stimolante uscita dagli schemi consueti) si è voluto serbare memoria, pubblicando questo volume con le sintesi delle venti tesi. Argomenti e approcci, come nota Alessandra Griffo, non potrebbero essere più vari. Ma il rigore di fondo che si richiede a chi si appresta a esercitare la professione di restauratore, quello sì è comune a tutti i lavori. A questi giovani bravissimi, cui auguriamo una vita professionale piena di soddisfazioni, ne seguiranno altri, se le risorse e le energie non ci verranno meno. Piacerebbe infatti trasformare questo evento eccezionale in una bella abitudine, intensificando tra Firenze e Roma quegli scambi che già fanno parte della tradizione e dell’attualità dei due Istituti.

Cristina Acidini
Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino e,
ad interim, dell’Opificio
delle Pietre Dure

Dieci casi di studio affrontati in sei degli undici settori di restauro in cui si articola l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze che nel 2003 e 2004 hanno condotto al diploma gli allievi formatisi per quattro anni nei laboratori di arazzi, bronzi, dipinti, commesso di pietre dure e mosaico, materiali ceramici e plastici e oreficerie. Se questi sono i numeri che sintetizzano amministrativamente metà di questa pubblicazione – speculare all’altra, della gemella scuola dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma – basta scorrere titoli e sottotitoli per capire quanto siano stati invece variegati per questi giovani restauratori, e lo siano per chi ogni giorno lavora in Opificio, i compiti, l’attività di ricerca e quella applicativa.
Nel caso delle tesi che presentiamo questo è vero a partire dalle opere. Capolavori da manuale come la Croce di Ognissanti riferita a Giotto, o armi anonime, quelle esotiche del Museo Stibbert; rilievi di ortodossa iconografia come le Madonne con Bambino in stucco e cartapesta del Bargello o l’inconsueto Nano Morgante di Bronzino, a doppia faccia, virtuosisticamente tridimensionale; manufatti tessili reali, l’arazzo della serie di Giuseppe Ebreo commissionato da Cosimo I de’ Medici, o un tempo presunti tali, l’Alessandro Magno tardoseicentesco già descritto come ‘succo d’erba’ per Palazzo Chigi Zondadari di San Quirico d’Orcia; in discreto stato di conservazione, il reliquiario del Libretto dal Battistero di Firenze o al contrario frantumate in ottanta pezzi, per un esemplare alto pochi centimetri, come la brocchetta in cristallo di rocca del Museo degli Argenti.
Una varietà di epoche, tipologie, materiali, tecniche, urgenze conservative ed esigenze espositive affrontate dagli allievi con una serietà di approccio metodologico che è prima di tutto capacità di adattarsi alle necessità dell’opera; interpretata in una lettura spesso condotta a più voci a segnalare, senza nulla togliere all’originalità della dissertazione, la consapevolezza di come un restauro moderno sia anche un lavoro di équipe ispirato a curiosità multidisciplinari.
Perciò, secondo i casi, sono stati sviluppati gli aspetti diagnostici, la sperimentazione di nuove tecnologie, l’aggiornamento di approcci e di modalità esecutive tradizionali. Con l’avvertenza che molto del lavoro è restituito solo in parte dalla pagina scritta, è in qualche misura documentato dal corredo iconografico, di necessità limitato, ma soprattutto si può leggere sulle opere originali, come deve essere per chi crede, come accade nelle scuole del Ministero per i Beni e delle Attività Culturali, che l’insegnamento del restauro sia una disciplina non solo da descrivere e discutere ma anche concretamente da eseguire.
Se un auspicio può farsi è che questi dieci casi di studio non si esauriscano nei brevi ma efficaci contributi qui raccolti, ma possano aprire la strada a sviluppi, confronti, applicazioni e, con sincerità, a futuri impegni professionali per i nostri promettenti allievi.

Alessandra Griffo
Direttore della Scuola di Alta Formazione per il Restauro
dell’OPD di Firenze

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