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Arlecchino intimacy

Catalogo della mostra a Castel Sant'Angelo

Formato: 24 X 22 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 80

Anno edizione: 2003

ISBN: 9788849204544

EAN: 884920454X

UB. INT. : T464F V12d

Contenuto

Claudio Strinati
Liliana Guarino appartiene a quella categoria di artisti che danno forte rilievo anche al titolo delle loro opere. Non è per tutti così. C’è chi considera il quadro finito a prescindere da una sua intitolazione, c’è chi attribuisce al titolo un ruolo non meramente collaterale ma determinante per il completamento dell’atto creativo. Sembra legittimo dire che questo è particolarmente valido per la Guarino.
Si tratta, in verità, di un’artista che ha avuto una parabola complessa e tale complessità si riflette in modo evidente anche nei titoli riferiti alle singole opere. Questo è del tutto lampante se si esamina la sua carriera fino a oggi e lo è specificamente in questa mostra che viene a inserirsi in una fase di felice creatività della pittrice, susseguente a periodi di diverso impegno.
La cosa è sintomatica per entrare un po’ meglio nel suo spazio creativo e per coglierne i significati e gli orientamenti. La Guarino è un’artista, infatti, con una formazione implicante aspetti molteplici della creatività. Si è interessata, nel corso del tempo, a vari fenomeni dell’universo artistico, con una costante attenzione a una mentalità anche scientifica, che l’ha spinta a ricerche e indagini sull’immaginario popolare, sulla dimensione dell’infanzia, su forme di creatività diverse dall’atto pittorico in sé.
Da questa singolare forma di “antropologia”, sempre però orientata in senso estetico, è scaturita la sua pittura attuale, gremita di sensazioni e informazioni, di spontaneità e immediatezza del gesto e di meditazioni non subito perspicue. E, a proposito di titoli, va ricordato come un suo quadro recente e di qualità assai sensibile, si chiami L’Armonioso intrico e forse è possibile partire proprio da un ` opera del genere e dal titolo che 1’accompagna per accostarsi all’insieme del suo lavoro che è, in effetti, tutto leggibile come un “armonioso intrico”.
C’è nella nostra artista una forma di ispirazione che scaturisce da principi analoghi a quelli di certi grandi maestri del passato, altrettanto suggestionati dall’idea dell'”intrico”, tra cui verrebbe da pensare a un personaggio come Paul Klee. Non per motivi stilistici, sia ben chiaro, perché non c’è nessun rapporto tra il segno di un Klee e quello della nostra pittrice ma per un simile approccio all’idea stessa di pittura. Come Klee, infatti, la Guarino affronta il tema figurativo come se questo fosse una matassa da dipanare, rintracciando, negli innumerevoli fili che la fantasia sottende, un elemento conduttore cui è possibile attribuire anche un vero e proprio titolo, che non ha tanto il fine di spiegare il contenuto dell’opera quanto quello di ritrovare uno stato d’animo da cui il quadro è scaturito.
Il pensiero, insomma, prende una duplice forma, di scrittura e di pittura ma i due termini della questione non si annullano, anzi sostengono tra loro, senza che 1’uno abbia la pretesa assoluta di spiegare l’altro.
La verità appare e scompare nella trama figurativa. Essere insieme espliciti e reticenti, chiarissimi e oscuri, diretti e misteriosi, questo sembra il presupposto, non dichiarato ma molto vissuto, da cui scaturisce la forma pittorica ricercata dalla Guarino. Una specie di universo di maschere visive che celano e svelano e, infatti, alla dimensione della maschera e del gioco di infanzia ( così caro anche a Klee) la mostra stessa potrebbe essere intitolata.
Dagli elegantissimi titoli si partono, allora, i tanti temi sondati e raccontati dall’autrice e, sulle tele, si alternano memorie, brandelli di figurazione, filamenti di colore che attraversano lo spazio, impronte, sensazioni quasi indistinte e marcatissime emozioni.
La pittura della Guarino corre, letteralmente, a inseguire i suoi temi e, ogni tanto, ha bisogno di soste e di riposo. Con un’occhio insieme incantato e consapevole, la pittrice contempla le sue maschere, sente, dentro lo spazio stesso della pittura, anche altre percezioni. Sente suoni e rumori, crolli e fremiti, canti e silenzi, fantasmi e rovine. Si sposta continuamente da impressioni di vaghezza e indistinto, a impressioni di nette visioni. A volte è come afflitta da disturbi e fastidi, a volte è ironica e disincantata. Su tutto domina forte il tema sovrano della vita e della morte, sentito nella sua naturalezza e immediatezza, ma sopraffatto dalle maschere dell’esistenza, come in uno strano circo disabitato.
È interessante il segno della pittrice che alterna larghezza di campiture a flussi leggeri di materia che passano nell’aria come se fosse rinata in lei la sovrana leggerezza di un Wols o un Mathieu. La straordinaria freschezza e genuinità che contraddistinsero, cinquanta anni fa, i maestri dell'”action painting” statunitense nella affermazione di un’arte gestuale e segnica, riemerge in certe personalità della pittura dei nostri tempi, come, appunto, Liliana Guarino.
Senza voler proporre impossibili accostamenti che, a distanza di tanto tempo non avrebbero un vero senso critico, non si può non segnalare, tuttavia, l’energica volontà da parte di una pittrice come la Guarino di dare al proprio lavoro un marchio acuto e sensibile, scaturito da un amore del segno che è evidente.
Tutti insieme i quadri presenti in questa esposizione compongono un organismo unitario, coerente e ricco di riflessi interni. Molto esplicito è 1’aggancio alla realtà concreta del mondo intorno a noi e alla storia del Presente, come nel riferimento alla tragedia delle Due Torri dell’11 settembre, un argomento delicatissimo che 1’autrice affronta senza retorica e senza compiacimento, inserendolo con assoluta logica nel flusso della sua sostanza stilistica, dentro questa sorta di magma di segno e materia che passa da un quadro all’altro e mantiene alta la tensione morale di un lavoro sempre improntato a una dimensione etica e comportamentale, mai fine a se stesso, ma concretamente volto alla conoscenza di se stessi e delle cose che ci circondano.

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