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Cento anni di cinema cinese 1905-2005

Ombre elettriche

A cura di: Müller Marco

Formato: 21 x 29,7 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 312

Anno edizione:

ISBN: 9788849208443

EAN: 8849208448

UB. INT. : T309B T520B V34c

Contenuto

Nel China Millennium Monument World Art Museum di Pechino, le pareti della grande sala circolare del piano interrato ospitano un imponente bassorilievo che celebra la storia della Cina dalla preistoria ai giorni nostri. Vi sono raffigurati i più potenti imperatori, le guide spirituali e i geni culturali, gli scienziati, i condottieri, i politici, insomma le figure più importanti che hanno contribuito a dare un volto e una identità alla Cina nel corso di decine di secoli. Tra quelle centinaia di figure, ci sono solo due forestieri: gli italiani Marco Polo e Matteo Ricci. Stando lì davanti, ho percepito anche con gli occhi che quel veneziano e quel maceratese non sono degli estranei, non rubano lo spazio di altri: sono essi stessi parte della Cina.
Da questo dato storico possiamo trarre innanzitutto due considerazioni. La prima è che nessun popolo, come nessun uomo, vive da solo. Sul suo cammino incontra sempre altri, magari anche tanti altri più o meno indifferenti, ma nell’esperienza dell’altro può accadere di incontrare qualcosa che ti aiuta ad essere quello che sei, iniziando un cammino comune che neanche immaginavi, senza per questo perdere nulla di quello che sei e ti rende diverso da un altro. Da questo punto di vista, nessuno è realmente lontano dall’altro, nessuna esperienza è a priori estranea all’altro. Come si trasmette tutto ciò? Con la cultura, sia essa la pittura o la letteratura, la scultura o la musica, il teatro come la danza. E, nel nostro tempo, anche utilizzando strumenti nuovi come il cinema, la fotografia, i video.
L’altra considerazione, è che la Cina e l’Italia possono a ragione fregiarsi di essere state nella storia dell’umanità due fari di cultura originali, di aver anticipato temi e scoperte, orientando il cammino degli altri popoli.
In questi ultimi anni sulla scena del Pianeta si è riaffacciata con nuovo vigore la Cina, nel commercio come nelle conquiste tecnologiche, suscitando timori in qualcuno, aspettative fin troppo pragmatiche in altri. Ma non c’è solo questo.
Era, ed è, inevitabile che quel legame complesso intrecciato già una volta lungo la “via della seta” oggi torni ad essere, tra le molte strade possibili, un percorso privilegiato. Un cammino tra uomini e per uomini, prima ancora che di commerci e interessi. Un cammino lungo il quale abbiamo, certo, da dirci ancora tante cose, fatto di pazienza e comprensione ma anche di onestà nel non mettere tra parentesi le contraddizioni che pur ci sono. Ma è un cammino che è iniziato, che ha come traguardo la pace, che è l’altra faccia della centralità dell’uomo e della sua libertà.
Le due considerazioni fatte prima si riannodano a loro volta proprio grazie alla cultura, cioè il modo in cui l’uomo ricerca, scopre e dice quello che è e quello che a cui si sente chiamato. Con la Cina l’Italia ha avviato, e sono lieto di essere stato io a firmarli materialmente, alcuni accordi già maturati e a proporre nuovi campi di intervento. Una collaborazione che è destinata, anche questa, a dilatarsi nel tempo e che, giusto per citare alcuni aspetti, spazia oggi dai progetti di restauro del trono del Padiglione della Suprema Armonia nella Città Proibita al restauro di un tratto della Grande Muraglia. Ancora, ricordo prestigiose mostre come quella sulla centralità dell’uomo intitolata “Specchio del tempo”, grazie soprattutto ai musei fiorentini; oppure quella sull’eruzione di Pompei, e quella “parallela” sull’Impero degli Han occidentali e l’Impero Romano. C’è dell’altro, come un’importante intesa per scambiarsi esperienze e collaborazione nella lotta contro il contrabbando e il furto di opere d’arte, e un forte interesse, come ho potuto personalmente constatare, per le tecnologie italiane per l’architettura preventiva prima di grandi opere pubbliche. Insomma, un corposo insieme di iniziative di alta qualità che si incrementeranno nel tempo grazie a proposte come quella che ho avuto il piacere di presentare a Pechino e accolta con favore, di rendere permanente il padiglione cinese alla Biennale di Venezia dopo il lusinghiero esordio di quest’anno, con mille metri quadrati coperti ed altrettanti all’aperto. Sempre da Venezia, arriva l’intenzione di portare per la prima volta in Asia la Biennale d’Architettura, segno che i campi di intervento sono enormi.
Tutte queste, sia pur incomplete, citazioni per rimarcare il terreno nel quale cade la mostra sui Cento Anni del Cinema Cinese ospitata al Vittoriano, una sede prestigiosa nel cuore di Roma e degli italiani, che da sola indica l’importanza dell’evento.
Per noi europei il cinema cinese è un mondo finora poco esplorato, di cui però abbiamo potuto ugualmente intuirne le grandi possibilità espressive e culturali attraverso le significative, anche se purtroppo ancora rare, opere giunte da noi, ad esempio quelle di Yimou fattosi conoscere soprattutto grazie ai festival cinematografici europei.
La mostra del Vittoriano si sviluppa attraverso un supporto che il cinema ha sempre accompagnato, quello dei manifesti. Questa raccolta, intanto, rappresenta un anello di congiunzione suggestivo più che con le pellicole con il mondo concreto dello spettatore cinese, con il linguaggio con cui gli sono state proposte le opere, con la sensibilità immaginifica che si andava a sollecitare. Per certi versi, guardandoli ci avvicina alla gente, destinataria come noi di un messaggio, ci mette dalla sua stessa parte, spingendoci per un’altra via a non perdere l’occasione, quando capiterà, di andare a vedere una proiezione cinese. Tutto lascia credere che non ci sarà molto da aspettare, le occasioni verosimilmente non mancheranno. E non bisognerà farle mancare. Significativo, al riguardo, che la 62ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido di Venezia venga aperta da Tsui Hark (nato in Vietnam e formatosi anche negli Stati Uniti, ma profondamente attaccato alla cultura cinese: un segno dei tempi anche questo), autore di Qi Jian, tratto dalla letteratura popolare cinese contemporanea.
Per concludere con la metafora del cammino, prendo a prestito da un grande autore una frase che, a partire dalla Mostra sui Cento Anni del Cinema Cinese, è uno sprone a non disperdere nel dialogo con la Cina le opportunità di arrivare alla pace e al comune riconoscimento della centralità dell’uomo attraverso le vie della cultura: “Non vi auguro di viaggiare comodi, ma di andare lontano”.

Rocco Bottiglione
Ministro per i Beni e le Attività Culturali

Care amiche e cari amici,
vorrei innanzitutto ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questa importante iniziativa: sono infatti profondamente convinto che la Cina appaia molto più remota e misteriosa di quanto non lo sia nella realtà. E quale occasione migliore, per dimostrarlo, di una mostra cinematografica? I film sanno essere un eccezionale mezzo non solo per divertirsi e sognare, ma anche per viaggiare e conoscere.
Dato che parliamo di cinema, vorrei citare il titolo fulminante di un celebre film di Marco Bellocchio, La Cina è vicina. Il film, che in realtà con l’oriente aveva ben poco a che fare, aveva però un titolo quasi profetico: la Cina e il mondo occidentale, negli ultimi anni, si sono ritrovati davvero sempre più vicini. Di fronte alle perplessità e alle paure che accompagnano questo processo, voglio dire con chiarezza che a me questa prossimità non spaventa affatto. Sono assolutamente certo, anzi, che l’incontro tra le nostre civiltà, culture ed economie sia una delle occasioni epocali di questi giorni.
Rispondiamo quindi alla tentazione di chiudersi e arroccarsi, guardando il mondo e mettendo in gioco i nostri patrimoni di immagini, suggestioni, racconti. Mi piace pensare che l’amicizia possa anche nascere scambiandosi visioni fantastiche, come quelle che Marco Polo riferisce a Kublai Kan in Le città invisibili di Italo Calvino. O come le immagini del cinema. Non dimentichiamo, proprio oggi, che quello italiano e quello cinese sono due grandi popoli che hanno fatto della conoscenza e dello scambio il loro maggior punto di forza. Questi cento anni di cinema cinese – un continente nuovo – ci aiuteranno a continuare su una strada comune che, ricordo, abbiamo intrapreso già molti secoli fa.

Piero Marrazzo
Presidente della Regione Lazio

Lo sviluppo della cinematografia cinese ha già percorso un cammino di cento anni dalla nascita del primo lungometraggio nazionale nel 1905.
La Rassegna Retrospettiva sul Cinema Cinese, organizzata proprio in questo momento dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dall’Istituto LUCE, e da Comunicare Organizzando al Complesso del Vittoriano in collaborazione con l’Amministrazione Statale della Radio, Cinema e Televisione Cinesi, e con l’Ambasciata della Repubblica Popolare Cinese presso l’Italia, ha un grande significato. Questa rassegna favorisce non soltanto la conoscenza per il popolo italiano della storia e l’evoluzione della cinematografia cinese, ma è utile anche all’approfondimento delle conoscenze sulla politica, economia e cultura della società cinese, nonché al rafforzamento degli scambi culturali e l’amicizia tra i popoli dei due paesi.
Per l’occasione, vorrei esprimere i miei ringraziamenti agli amici dei due paesi per i loro sforzi compiuti nell’ organizzazione di questa iniziativa, e mi auguro che la Rassegna Retrospettiva sul Cinema Cinese abbia un grande successo.

Dong Jinyi
Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese
presso la Repubblica Italiana

Carissimi,
unendomi al presidente Marrazzo nel ringraziare quanti si sono prodigati per realizzare questo evento estremamente significativo da molti punti di vista, penso a quanto il cinema asiatico, ed in particolar modo quello prodotto nella Repubblica Popolare Cinese, sia negli ultimi anni tornato in evidenza nei festival cinematografici occidentali più prestigiosi riproponendoci, com’era successo anni addietro con i lavori di grandi maestri come Chen Kaige e Zhang Yimou, un approccio particolare ai problemi quotidiani dell’uomo contemporaneo. Aspetto estremamente interessante di questa mostra è lo spazio dedicato ai 250 fra manifesti e locandine di film realizzati in Cina; raramente infatti viene dato risalto ad una forma di espressione generalmente considerata subordinata alle esigenze dell’industria cinematografica ma che, invece, rappresenta spesso di per sé stessa la cartina di tornasole di stili, epoche, culture e sistemi politici.
In sintesi la funzione e lo scopo precipuo dei linguaggi è quella di comunicare ed il cinema, come le altre forme di espressione artistica, è stato fin dagli albori in grado di avvicinare culture lontane geograficamente ma oggi sempre più prossime nel vivere quotidiano.
Questa mostra ne rappresenta una piccola ma preziosa dimostrazione.

Giulia Rodano
Assessore alla Cultura Spettacolo e Sport della Regione Lazio

L’Italia apre la porta alla “storia del cinema cinese” e lo fa utilizzando come contenitore uno degli spazi espositivi di Roma più attivi e vivaci negli ultimi anni, il Complesso del Vittoriano.
In verità da qualche anno a questa parte un interesse diffuso nei confronti della cinematografia di questo grande quanto variegato paese ha fatto sì che giungessero entro i nostri circuiti nazionali alcune delle ultime produzioni.
È il caso di pellicole che hanno ormai assunto fama internazionale, di registi che hanno portato e presentato le loro opere prima nei festival cinematografici europei, riscuotendo i plausi della critica, e poi al grande pubblico che ne ha riconfermato il valore e il gradimento non disertando le sale cinematografiche.
Cineasti come Zhang Yimou noto non solo agli addetti ai lavori ma anche al grande pubblico, lo testimonia il grande successo di “Non uno di meno”, trionfatore alla 56 edizione della Mostra del Cinema di Venezia, ma già salito alla ribalta nel ‘91 per il suo splendido Lanterne Rosse già Leone d’Argento a Venezia che si è aggiudicato Oscar e David di Donatello nel 92.
O ancora Ang Lee, vincitore del Globo d’oro e di 4 Oscar per La tigre e il dragone, record di incassi in tutto il pianeta.
Ho citato due nomi facilmente identificabili anche dal grande pubblico, tuttavia esiste una storia del cinema cinese tanto ricca quanto sconosciuta che affonda le proprie radici nei primissimi del Novecento.
Una cinematografia che ha toccato in maniera mirabile diversi generi narrativi e sperimentato forme di rappresentazione assolutamente originali.
È proprio tale storia che la mostra, con i suoi oltre 250 manifesti storici provenienti dal China Film Archive di Pechino e dallo Shanghai Film Group e con i suoi filmati e montaggi di pellicole, in alcuni casi mai visti prima in Italia, vuole ripercorrere attraverso un racconto fatto di immagini in perpetuo movimento, di grande suggestione e di spunti curiosi.
Questa mostra vuole essere anche un augurio affinché il mercato cinematografico e l’offerta culturale da esso promossa vogliano accogliere e portare alla ribalta internazionale la creatività e la bellezza del cinema cinese nelle sue molteplici e affascinanti varianti.

Gaetano Blandini
Direttore Generale per il Cinema
Ministero per i Beni e le Attività Culturali

“Uno sposalizio tra istituzioni ben riuscito”, cosi si può definire questa grande rassegna che vede realtà diverse tra loro ma con un comune denominatore che è quello di far arrivare al grande pubblico italiano oltre che al pubblico di nicchia, i gusti, i gesti, le tradizioni, in una parola “la cultura cinese” oggi più che mai al centro dell’attenzione sia del mondo culturale sia degli interessi della gente comune.
Ecco quindi la Mostra Ombre Elettriche – Cento anni di Cinema Cinese 1905-2005 – a Roma – Cinema Nuovo Olimpia – che vede l’Istituto Luce presentare 18 film originali inediti .
Assolvendo ai fini propri dell’Istituto Luce, alcune di queste pellicole infiammabili sono state lavorate e portate su beta digitale ,altre sono arrivate a noi su pellicola 35 m/m e cosi passeranno in sala tutte rigorosamente corredate di sottotitoli italiani.
L’Istituto Luce è una società che opera per il cinema di qualità, e pone una estrema attenzione al patrimonio culturale e al valore della tradizione e proprio per questa ragione che è particolarmente attento a tutto quanto proviene da questo ricchissimo Paese.
Ancor più significativa per la sua innovativa importanza è la Mostra corredata dai Manifesti cinematografici cinesi anch’essi facenti parte della stessa identica cultura e tradizione.

Luciano Sovena
Amministratore Delegato dell’Istituto Luce

Il primo manifesto di Toulouse-Lautrec spicca ancora come il più importante nella storia della pubblicità. Il successo di Moulin Rouge (enorme e immediato) fu dovuto alla capacità di attirare l’attenzione e fissarsi nella memoria dell’osservatore.
In Italia non possiamo non ricordare l’opera di Marcello Dudovich (il nostro maggior pubblicitario del primo cinquantennio del XX secolo) con la sua capacità di sintesi con manifesti dal linguaggio chiaro e seduttivo, così come l’attitudine intuitiva da vero artista di usare (lui incolto) la psicologia come arma pubblicitaria alcune volte aggiunta, altre volte fondante il messaggio.
Il manifesto che può essere quindi considerato la prima forma di messaggio pubblicitario in ordine di tempo assolve a diverse funzioni. Quella informativa che rivela l’esistenza di una novità – quella persuasiva che mette in moto meccanismi di seduzione e convinzione -, quella espressivo-estetica capace di produrre il cosiddetto “effetto d’insieme” e quella storico-culturale che produce cultura, permettendo al contempo di contestualizzare attraverso immagini, colori e segni linguistici momenti ed epoche ben precise.
A tutti questi requisiti rispondono straordinariamente i manifesti dei film cinesi. Ed è per questo che d’intesa con le Istituzioni di riferimento cinesi ed italiane, che hanno reso possibile la realizzazione del progetto, abbiamo ritenuto che il modo più interessante per celebrare il Centenario del Cinema Cinese (accanto alla rassegna cinematografica e a una curiosa mostra fotografica) fosse l’esposizione dei manifesti originali dei film cinesi.
Ne vengono presentati oltre duecentocinquanta, scelti con grande sensibilità e professionalità da Marco Müller, generosamente prestati dall’Archivio Nazionale del Cinema di Pechino e dallo Shanghai Film Group di Shanghai.
La loro ricchezza pittorica, la loro forza penetrativa e i precisi elementi estetici offrono uno straordinario quadro d’insieme di cento anni di storia che accompagnano il cinema cinese consentendo al contempo la lettura di precisi momenti e spazi del passato recente e del contemporaneo. Non posso che essere orgoglioso che queste celebrazioni siano organizzate al Vittoriano, che in questi anni è diventato luogo di incontro di forme estetico-artistiche diverse, spaziando temporalmente e concettualmente su diversi piani e livelli artistici.
Ed è per questo che abbiamo sposato questa iniziativa, certi che possa fungere da stimolo verso approcci e conoscenze nuove di cultura una volta lontane ed oggi sempre più vicine.
Un ringraziamento agli amici cinesi che hanno collaborato attivamente in questi mesi di preparazione così come alle Istituzioni italiane (Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Regione Lazio) e agli amici Gaetano Blandini, Luciano Sovena e Marco Müller senza l’impegno fattivo dei quali non si sarebbe potuta realizzare questa importante intrapresa.

Alessandro Nicosia
Presidente di Comunicare Organizzando

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