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Ennio il piccolo Flaiano
L'infanzia di un satiro
Autori: Rasia Bruno
Formato: 17 x 24 cm
Legatura: Filorefe
Pagine: 144
Anno edizione: 2002
ISBN: 9788849203233
EAN: 8849203233
UB. INT. : T418F V21f
Contenuto
N° 61 della collana “Le storie della Storia” fondata da Giuseppe Selvaggi e diretta da Silvio Traversa
È la “storia di un bambino”, il piccolo Ennio (Flaiano), e degli inganni subiti durante l’infanzia, negli anni 1921-22, ripensati da adulto, molti anni dopo, il cui presente, comunque già passato, gli sollecita un ironico bilancio del suo futuro, che, come un pendolo, forse potrebbe essere il nostro presente se la coscienza della storia non ci aiutasse a smascherarlo a noi stessi.
Bruno Rasia narra Ennio Flaiano, il “suo” Flaiano: con modi diretti e scorciatoie fulminee, sì che memoria e romanzo, parola e fatto documentabili possono essere anche invenzione. Invenzione come verità: in questa solo apparente contraddizione nasce, con autonomia assoluta, lo scrittore Rasia come se stesso. Persino Flaiano rischia di diventare estraneo, ma non è così. Nello specchio di questo libro basta un movimento ed appare il volto di Flaiano, altro movimento ed appare la faccia col sorriso di Rasia. Altro movimento e i due volti si fondono in un Altro. Potrebbe questo Altro essere, a parte il duo di origine Flaiano + Rasia, anche il Lettore, terzo intervenuto in questa storia di intelligenza e di umanità.
Per tentare una definizione di Bruno Rasia – anche per sottolineare la sua presenza auspicata e intellettualmente felice in questa collana, appunto tra romanzo e storia – viene spontaneo un riferimento. Questo genere letterario è, anticamente, di sempre. Ricordate i Dialoghi di Platone? Chi è il Socrate (nel nostro caso il Flaiano) di quel libro tra i libri sommi? Socrate è Platone. Più vero: anche Platone. Nel senso che il filosofo scrivente ha fatto anche autoritratto di se stesso attraverso il Maestro narrante. Ma, qual’è la verita? I dialoghi sono Platone e anche Socrate. Così – ed è umilmente chiaro che il riferimento non è un paragone – in questo libro Flaiano è anche Rasia: che ha doni propri per i lettori.
Un dono, lasciando intatta la lettura di questo libro, lo troviamo in un precedente libricino rasiano, “Con Flaiano al caffè”. 1976: ventisei anni addietro che valgono secoli per la nostra società. Rasia notava che i giovani nelle ragazze puntavano gli occhi sui loro “ventri”, termine al limite mariano, Mater Dei. In quei ventri i futuri padri guardavano (da sguardo e guardia) “la macchina umana” produttrice del futuro. Rasia con luminosità sociale ha previsto gli ombelichi femminili al sole, nudi o con perlina, di oggi, verso altre conquiste del Corpo come libertà. Questo è un manifesto delle Madri-Futuro. Un allarme-invito, “staffetta delle nostre speranze”. Nel libro che leggerete ci sono altri doni, che fanno di Rasia lo scrittore che è, tra preveggente pensiero e poesia. E ironia, che è il sale flaianesco o anche con sapore proprio, il sale rasiano.
Il lettore, divertendosi e meditando, troverà la sua risposta.
Giuseppe Selvaggi
Bruno Rasia è regista, sceneggiatore, scenografo, architetto. Ama da giovanissimo il cinema. Nel 1948 disegna il primo manifesto del nascente Circolo del Cinema della sua nativa Verona. La Terra xilografata è un faccione umano che proietta, con una invitante strizzatina d’occhio, una scena di ballerine. In quest’opera vi è tutto il futuro rasiano. Cinque anni dopo lo vediamo a Roma primo aiuto regista del film “La passeggiata” (1953), interpretato da Renato Rascel al suo unico debutto di regia. Ma la sua entrata “professionale” nell’industria cinematografica agli inizi degli anni ’50, preceduta e affiancata dal documentarismo più volte premiato, proseguita con l’aiuto regia a Pino Mercanti nel “Cavaliere dai cento volti” e con le produzioni della Romana film per la quale inventa e realizza un ‘format’ di successo a Peschiera del Garda. A partire dal 1958 firma soggetti e sceneggiature di film avventurosi come “Scimitarra del saraceno” di Pierotti, “I pirati della costa” di Paolella, “I moschettieri del mare” di Vanzina, e altri, per i quali progetta anche come scenografo navale una flotta di cinque galeoni. Nel 1967 scrive con altri il copione di “La notte pazza del conigliaccio”, di Alfredo Angeli, presentato al Festival di Berlino, e nel 1978, dopo un’intensa esperienza di telegiornalismo d’inchiesta socio-politica (’64-’71), avvia per Raiuno, quale produttore sceneggiatore e regista, una serie di film da autori Premio Nobel, quali M. Camus, F. Muriac, M. Duras, J. P. Sartre: rispettivamente, “Il manifesto” (con Alida Valli), “Asmodeo” (con Rita Savagnone), “La musica” (con Micaela Esdra e M. De Rossi), e “Le mani sporche” con Marcello Mastroianni del quale film collabora anche alla regia di Elio Petri. Per il cinema, ha diretto a tutt’oggi un film, visto in TV ma non nelle sale: “Un uomo di razza” (1987), con Philippe Leroy, Mino Bellei e Elio Pandolfi. Una storia ambientata tra l’Africa e Verona, città natale che Rasia mai dimenticherà. Dalle cronache cinematografiche risulta che questo film girato in Somalia nel pieno dramma della fame, premiato tre volte anche all’estero dov’è stato visto, ma non distribuito nelle sale italiane.
La complessa biografia di questo scrittore, da cui emerge una vocazione inventiva di polivalenza intellettuale definibile goethiana, va completata informando il lettore che Rasia è anche pittore di forte presenza nel nostro mondo artistico. Come tale ha scelto studio in via Margutta.
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