Figure dell’atopia

La città contemporanea è oggi divisa tra l’essere l’oggetto di un rifiuto da parte del fondamentalismo ecologista e la contraria esaltazione della sua complessità metropolitana proveniente dalla cultura neotecnologica ()
Il piano () implica un aggirarsi tra potenzialità confrontabili, se non proprio equivalenti, che si dispongono all’interno di un paesaggio del tutto previsto, completamente aperto allo sguardo. Queste potenzialità si allineano una accanto all’altra in una ridondanza predizionale che risponde all’impossibilità di decidere, volta per volta, verso quali direzioni spingere le modificazioni urbane ()
Essendosi istituito come una pratica del limite che comprende lo sconfinamento e l’eccesso, la marginalità e l’indeterminatezza, il progetto è proprio ciò che non può aver luogo nella città della post-modernità, una città autoriflessa, una città che, avendo superato la periferia centralizzandosi in ogni punto, ha rimosso quella sua specificità estraniata che trasfigurava quel suo procedere nel territorio rappresentandolo come l’eroica, poetica conquista di un vuoto enigmatico e pericoloso.
Franco Purini

Marco Negroni, si laurea in Architettura con C. Dardi. A Roma collabora nei corsi di Progettazione Architettonica 1 e 2 di F. Purini (’91, ’93) e L. Thermes (’94). Nell’ambito del “Programma di istruzione permanente” della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano è docente tutore al 3° Seminario di progettazione di Parma “La città del teatro” (’94).
Attualmente collabora al Laboratorio di Progettazione Architettonica 1 di G. Accasto e partecipa ai programmi di ricerca in corso. Vive e lavora, svolgendo attività professionale e di studio, tra Roma e Parma.