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Francesco Tabusso

Cinquant'anni di pittura

Formato: 27 x 21 cm

Legatura: Cartonato

Pagine: 144

Anno edizione: 2002

ISBN: 9788849203400

EAN: 8849203403

UB. INT. : T402E V16b

Contenuto

Facilmente, felicemente, il pittore stende sulle sue tele le trame colorate delle sue fiabe, quasi inventando una natura di sogno irreale, artificiale, ma viva e vera come vivi e veri sono sempre i sogni. Così nel 1956 Felice Casorati presentava la prima mostra personale importante di Francesco Tabusso alla Galleria ‘La Strozzina’ di Firenze. Scritte quando il percorso creativo dell’artista era da poco iniziato, queste parole, che coglievano già i caratteri essenziali della sua poetica, restano la migliore introduzione alla pittura di Tabusso, ora che lo sviluppo di quel percorso ha raggiunto il mezzo secolo.
Questa mostra ne ripercorre le tappe, salutate dal favore costante del pubblico e da un’attenzione critica che, oltre a storici dell’arte, anche di prima grandezza, come Francesco Arcangeli, Carlo Ludovico Ragghianti, e Marcello Venturoli, ha coinvolto anche molti protagonisti della letteratura italiana degli ultimi cinquant’anni, quali Giovanni Arpino, Piero Chiara, Diego Valeri, Dino Buzzati, Giorgio Bassani, Alfonso Gatto, Mario Rigoni Stern, Nico Orengo.
Come ha scritto nel 2000 Carlo Castellaneta “Non stupisce che sia tanto ricca la bibliografia critica su Tabusso, perché ogni scrittore vorrebbe completare a suo modo le storie che lui propone. La sua pennellata è l’incipit di una favola. Se fate silenzio, riuscirete a sentire la sua voce che racconta”.
Dal 1953, quando fondò con Aimone, Casorati, Chessa, Niotti, la rivista ‘Orsa Minore’, cui collaborarono anche Sanguineti, Saroni e Campagnoli, Francesco Tabusso è entrato a far parte della cultura che aveva come epicentro Torino, dove del resto era avvenuta la sua formazione . Per questo la Regione Piemonte ha promosso, con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, quest’antologica, che aggiunge al nutrito elenco delle sue mostre l’appuntamento che mancava: l’esposizione in uno spazio pubblico a Roma.
Giampiero Leo
Assessore alla Cultura della Regione Piemonte

Destino ha voluto che l’attività di Tabusso coincidesse, decennio dopo decennio dalla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso, con l’infuriare della modernità e che, assegnatosi l’artista il compito di trasporre in pittura un universo poetico che trova lo sbocco più proprio sul terreno dell’illustrazione libraria, la sua distanza dall’attualità abbia tenuto il passo con la sua coerenza.
Al tempo dello scontro flagrante tra figurativi e antifigurativi Tabusso entra in scena come inconsapevole della partita in gioco, e comunque non interessato ad essa, ma si direbbe guidato da un obiettivo interiore che punta direttamente ed esclusivamente all’evasione dalla realtà presente. Lo si era fatto variamente prima di lui, e lo si rifarà dopo, mediante il recupero di cifre arcaiche, di apparizioni oniriche, con citazioni di motivi primitivi o naif, ma Tabusso sembra attratto soltanto dallo stereotipo della fiaba, dei suoi personaggi fuori del tempo (c’era una volta), fuori dello spazio (volumi e prospettive senza regola), mentre colori, ombre e luci si dispongono a rappresentare i forte e e i piano, e in genere l’espressività, di una voce narrante. La curiosità per alcuni antichi maestri, eccellenti in ‘effetti speciali’ come Grünewald, Piero di Cosimo, La Tour, o gli spunti offerti dalle circostanze (lavori per una chiesa francescana o per un palio di Asti) rappresentano le eccezioni a conferma di una regola.
È una scelta emarginante, fuori delle strade tracciate della cultura italiana e in genere occidentale della seconda metà del secolo ventesimo, che mantiene tuttavia al lavoro di Tabusso un valore non trascurabile, quello di una sorta di ‘messa in memoria’ a beneficio degli storici in età postmoderna, liberati dal dover essere della novità, di cifre proprie del racconto fiabesco, narrato, scritto e rappresentato, in certo modo ‘in concordanza’, presso le tante millenarie tradizioni locali del nord, dell’est e del centro d’Europa.
Sandra Pinto

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