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Goya in Italia

Due capolavori tra luce e ombra

con parte dei saggi in spagnolo

Formato: 24 x 22 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 96

Anno edizione: 2019

ISBN: 9788849237870

EAN: 9788849237870

UB. INT. : T700B V13d

Contenuto

“[…] La Roma di Goya è il tema del contributo di Lorenza Mochi Onori, una delle massime conoscitrici dell’artista aragonese, che già lo celebrò nell’imprescindibile saggio per la mostra romana del 2000 a Palazzo Barberini. Goya, in Italia, prese a frequentare botteghe, antiquari e stamperie e – sull’usta dei pittori italiani magnificati in Spagna dal sovrano Carlo III – produsse e lasciò opere di significativo interesse anche ai soli fini documentaristici, arrivando persino a inscriverne una – sul crepuscolo del suo soggiorno e con il solo segreto intento di procacciarsi quell’anelata legittimazione di pittore, inseguita da tempo – al concorso indetto dall’Accademia di belle arti di Parma: pur non aggiudicandosi il riconoscimento massimo, Goya trasse dall’esperienza giudizi lusinghieri (si classificò al secondo posto dietro il pavese Paolo Borroni), che certamente gli torneranno utili, più tardi, al rientro in Spagna, per ottenere delle prestigiose committenze (Mengs, nel frattempo divenuto soprintendente alle Belle Arti, lo chiamerà a Madrid per sperimentare una scuola iberica per la manifattura di arazzi) e soprattutto per accreditarsi nella ritrattistica di corte e del nobile entourage. È proprio a quell’agone parmense e al successivo e lucrosissimo periodo trascorso al cavalletto che potrebbero essere ascritti i due dipinti in rassegna e oggetto di specifici e interessanti approfondimenti condotti da Daniel J. Carrasco De Jaime, che segnano una certa riaccesa attenzione da parte delle istituzioni museali e del mercato collezionistico nei confronti di uno degli artisti più controversi e tormentati della Spagna del XIX secolo, congestionata dai rovesci politici e dalla “questione sociale” e fatalmente prossima alla débâcle dei valori e degli ideali”.
(dalla presentazione di Massimo Rossi Ruben)

Francisco de Goya y Lucientes, universalmente noto con il nome di Francisco Goya, nasce da una famiglia borghese il 30 marzo 1746 nel villaggio di Fuendetodos, nel distretto di Saragozza. Qui frequenta lo studio di José Luzán (1710-1785), dove si forma sulle opere di Tiepolo (1696-1770) e Mengs (1728-1779). Nella primavera del 1770 e fino a giugno del 1771 compie un viaggio in Italia per studiare i grandi maestri del passato. Nel 1775 ottiene il suo primo incarico importante: la Manifattura Reale gli commissiona una serie di cartoni per arazzi destinati alle residenze estive della corte. Il suo stile è ancora legato alla tradizione settecentesca ma la scelta di ritrarre scene della vita quotidiana piuttosto che soggetti mitologici si rivela innovativa e segna l’inizio della sua ascesa professionale. La pittura di Goya, ricca di colore, affascina dunque la nobiltà madrilena che inizia a richiedergli numerosi ritratti. Nel giro di 10 anni diventa “pittore di corte”. Presto, però, viene colpito da una grave patologia (1792) che lo lascia completamente sordo. Tale menomazione rende la sua pittura cupa e visionaria: prevalgono toni scuri, accenti drammatici e immagini angoscianti. Ciò nonostante la sua carriera a corte prosegue: in questi anni realizza il celebre ritratto della famiglia reale. Ma il suo stile è cambiato: i regnanti diventano quasi delle caricature e le loro fisionomie rasentano il grottesco. Nessuno tuttavia osa contraddirlo, persuasi della rivoluzione da egli avviata in campo figurativo. Contemporaneamente agli impegni di cavalletto esegue una serie di incisioni: i cosiddetti Capricci, connotati da una vena satirica che si esprime in più di 80 lavori, dove l’artista denuncia i vizi umani e le ipocrisie comuni a tutte le società. Nei primi anni dell’800 si dedica soprattutto ai ritratti femminili. Tra cui La Maja desnuda; Goya dipinge il celeberrimo quadro contravvenendo alle regole del Sant’Uffizio che vietano la rappresentazione del nudo femminile. Durante il dominio napoleonico Goya conserva il suo posto a corte. Realizza una serie di incisioni e di quadri che denunciano le atrocità della guerra; tra questi c’è La Fucilazione del 3 maggio 1808, la sua opera più intensamente drammatica, che diventerà simbolo della resistenza spagnola all’invasore francese. Con la Restaurazione e il ritorno dei sovrani spagnoli il suo ruolo diviene precario: si ritira nella sua casa di campagna, la cosiddetta Quinta del sordo, della quale decora le pareti con il ciclo delle “Pitture nere”, ancora una volta lugubri e minacciose. Per sottrarsi alla reazione antiliberale, nel 1824 parte con la più volte ritratta Leocadia Zorrilla Weiss (1790-1856), sua ultima giovane compagna, alla volta della Gironda francese. Nei suoi ultimi anni torna a dipingere soggetti più convenzionali, simili a quelli della giovinezza. Muore a Bordeaux il 16 aprile 1828 all’età di 82 anni. Per la capacità di rappresentare le pulsioni irrazionali dell’uomo, Goya è considerato un precursore del Romanticismo; la sua influenza si estende anche a gran parte della cultura artistica novecentesca

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