I tesori nascosti della Corte di Cassazione
Fotografie e disegni del Palazzo di Giustizia di Roma
A cura di: Marconi Carolina
Autori: Guccione Margherita, Manodori Sagredo Alberto, Marconi Paolo, Neri Maria Luisa, Pizzo Marco, Rufo Alba
Formato: 21 x 29,7 cm
Legatura: Filorefe
Pagine: 208
Anno edizione: 2006
ISBN: 9788849209341
EAN: 8849209347
UB. INT. : T444G T511A V14h V15d V26a
Contenuto
Un archivio di eccezionale importanza per lo studio della genesi del Palazzo di Giustizia di Roma è stato portato alla luce nell’ultimo decennio. Il grande armadio in legno costruito per contenere i disegni progettuali e il baule che conservava le fotografie di cantiere hanno svelato, in una impensabile ricchezza di forme e contenuti, una vastissima documentazione. All’epoca della costruzione del “Palazzaccio” (1888-1910) alcuni fra i maggiori studi fotografici di Roma si sono cimentati nell’impresa di tramandare tutte le fasi della sua nascita. E giorno per giorno si accumulavano i disegni che descrivono la storia delle fondamenta del Palazzo, dei suoi marmi, delle sue colonne, dei suoi arredi, di ogni minimo particolare che concorreva a renderlo uno dei luoghi più simbolici e caratteristici di Roma. Questo volume raccoglie, insieme all’intera collezione delle fotografie del Fondo Fotografico, e a una selezione dei disegni, una serie di importanti contributi scientifici che sulla base di questi documenti, fino ad oggi inediti, ricostruiscono dal punto di vista architettonico e fotografico le vicende del Palazzo di Giustizia e della sua epoca.
Carolina Marconi
La presente opera, che vede la luce per il generoso contributo finanziario della Banca di Roma, gruppo Capitalia, cui voglio, anzitutto, esprimere il mio sentito ringraziamento per la sensibilità dimostrata, rappresenta il naturale completamento del volume “II Palazzo di Giustizia di Roma”, edito, nell’anno 1997, anch’esso per l’attivo intervento dello stesso Istituto. La peculiare rilevanza architettonica dei progetti, planimetrie, disegni di cantiere e particolari decorativi dell’edificio di Guglielmo Calderini, custoditi in un apposito armadio monumentale d’epoca, di recente restaurato, nonché l’eccezionale interesse delle foto realizzate nel corso della edificazione del fabbricato, costituenti un Fondo conservato nel Palazzo di Giustizia, imponevano, quasi, la pubblicazione di questo nuovo volume. D’altronde, le vicende concernenti la localizzazione della grandiosa costruzione, la sua progettazione ed erezione, rappresentano un affascinante frammento della storia stessa di Roma. L’area scelta dei Prati di Castello – corrispondente a quella degli antichi Orti di Domizia Lepida, zia di Nerone e madre di Messalina – appariva dominata dalla mole di Castel Sant’Angelo e la futura costruzione era necessariamente destinata a confrontarsi con essa. Il progetto del Calderini – che avrebbe poi dato luogo a critiche di varia natura, mai del tutto sopite – risultò vincitore dell’apposito concorso proprio per la grandiosità ed imponenza della struttura, la cui cifra architettonica si rifaceva, nella tendenza eclettica dell’epoca, allo stile romano-rinascimentale, liberamente interpretato. La natura alluvionale del terreno, poco adatta a sopportare l’enorme carico del poderoso edificio progettato, indusse subito il Calderini, valente ingegnere oltre che eminente architetto, ad adottare, per le fondazioni, il sistema della platea generale in calcestruzzo, adoperato dai costruttori dell’antica Roma per l’edificazione dei grandi edifici di età imperiale. Scriveva il Calderini, per spiegare le ragioni della propria scelta, che i cedimenti avvenuti nel corso della costruzione della non lontana basilica di San Pietro, eretta su un terreno di natura quasi identica a quello su cui doveva sorgere il Palazzo di Giustizia, dimostravano la necessità di ricorrere alla platea generale. Proprio perché il Bramante non aveva fatto ricorso a detto sistema, si era verificato “l’abbassamento disuguale del suolo su cui furono stabiliti i fondamenti dei grossi piloni che sostengono la cupola”, evenienza, questa, che per molti anni aveva tenuto “in apprensione i papi e gli architetti”. Paradossalmente, nonostante gli studi accuratissimi per determinare l’appropriato spessore della platea e gli accorgimenti adottati, anche l’opera del Calderini avrebbe poi palesato inconvenienti analoghi a quelli occorsi al suo lontano collega del Rinascimento. A dimostrazione, inoltre, dell’importanza anche archeologica dell’area, basterà segnalare che, durante lo scavo per le fondazioni, vennero alla luce, oltre a resti di ruderi romani, diversi sarcofagi, fra cui quello risalente alll’epoca di Marco Aurelio, della giovane Crepereia Tryphaena. Il ritrovamento, di per sé importante per il prezioso corredo funebre recuperato, si rivelò eccezionale in quanto, accanto al corpo della defunta, era stata deposta una bambola di avorio con articolazioni mobili di fattura non comune. Si ipotizzò, in base a vari elementi, che si trattasse di una fanciulla, promessa sposa e morta prima del matrimonio. E tale interpretazione, che suscitò profonda emozione, ispirò al Pascoli una struggente lirica in lingua latina. Ma la realizzazione della platea, che si estende per oltre 25.000 mq., rappresenta essa stessa un evento coinvolgente. Vennero impiegati 1.400 operai, divisi in squadre di 700 persone, con un ricambio di otto ore senza interruzioni. Nella notte il cantiere restava illuminato da potenti lampade ad arco, sicché il piano di fondazione poté essere completato in soli 74 giorni, ottenendo, per effetto della continuità del lavoro, un conglomerato compatto ed omogeneo. Purtroppo la successiva opera di edificazione non poté essere portata avanti con la stessa celerità. Contrattempi ed intoppi di varia natura determinarono, fatalmente, un’anormale lievitazione dei costi preventivati ed i lavori si trascinarono per oltre un ventennio. Ciò, però, non ebbe sostanziale influenza sulle caratteristiche dell’originario assetto architettonico. Proprio la qualità e quantità dei materiali grafici e fotografici oggetto della pubblicazione (che rappresentano un florilegio dell’Archivio e del Fondo di fotografie del Palazzo) consentono, per la sinergia tra parte edilizia e parte architettonica, di apprezzare il concetto di stile e decorazione architettonica del Calderini, proponendo nuovi itinerari esegetici della grande fabbrica romana. Ed in tale contesto ben si può valutare l’ispirazione ai modelli del tardo Cinquecento e del Barocco, espressamente indicati dal Calderini (dall’Alessi, suo conterraneo, al Sanmicheli, all’Ammannati, al Bernini ed al Fontana) ma anche il forte richiamo alle scenografie del Piranesi, evidente, in particolare, nei grandi spazi, sottolineati da un intenso chiaroscuro con tagli obliqui di luce, nei vani delle arcate inquadrati da possenti colonne e nelle architetture frammentate che si ritrovano negli enormi scaloni di rappresentanza. La lettura incrociata dei documenti architettonici e delle riproduzioni fotografiche permette così di conoscere – seguendo, attraverso le immagini, fin dalla installazione del cantiere, l’avanzamento dei lavori e le realizzazioni decorative – la storia dell’edificazione dell’imponente costruzione.
Nicola Marvulli, Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione
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