Fuori commercio

IL fucile da caccia

Teatro Valle 6-20 dicembre 2005

Autori: Yasushi Inoue

Formato: 16 x 30 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 48

Anno edizione: 2005

ISBN: GE6057

EAN: GE6057

UB. INT. : V25d

Contenuto

II racconto perfetto, non diversamente dalle meraviglie della natura, può essere scomposto ed esaminato nei particolari più minuti senza che le informazioni ottenute aiutino a carpire il segreto della sua miracolosa riuscita. Analizzare II fucile da caccia è un’operazione seducente ma impossibile, come cercare di estrarre la formula della bellezza dallo studio di una farfalla, o di una conchiglia. Grazie a quale alchimia un autore non più giovane ma ancora agli esordi riuscì a distillare da un intricato garbuglio di umane passioni l’armonia di un quartetto d’archi? È più facile cominciare per esclusione. La risposta non sta nella scelta da parte di Inoue di un tema antico come quello del tradimento, declinato infinite volte in tutte le lingue esistenti, né nell’intreccio, che segue una vicenda di adulterio simile a tante altre. Al centro del racconto tre donne, Shoko, Saiko e Midori, e un uomo, Josuke, membri della ricca borghesia giapponese del Kansai, simile a quella descritta da Tanizaki in Neve sottile. È la seconda metà degli anni ’40 e in Giappone il trauma della guerra e della sconfitta è ancora vivo, ma il gioco di passioni e segreti che lega questi quattro personaggi è così serrato da confinarli in uno spazio tutto loro, separato dal tempo e impenetrabile a chiunque. Finché un episodio, insieme casuale e fatale, mette in contatto Josuke con uno sconosciuto, che egli sceglie di rendere l’unico testimone della storia. E così lo sguardo di questo outsider fa breccia nel mondo chiuso dei quattro personaggi, penetrando nei loro segreti. È un mondo governato dalla menzogna, dove chi è tradito gareggia in dissimulazione con chi tradisce, e la massima preoccupazione sembra essere quella di non turbare l’ordine sociale.
La compostezza delle forme, mai violata dai protagonisti, che anche nei momenti più drammatici si lasciano sfuggire al massimo uno sguardo torvo o un grido di sorpresa subito soffocato, rende ancora più intenso il dolore di ognuno. Del resto, se la mentalità giapponese esige che al dolore non sia dato alcuno sfogo, non pone nessun limite alla libertà di sentirlo. Ognuno dei personaggi ha scelto di attaccarsi al dolore, quasi non esistesse seduzione più dolce a cui cedere, e non lo ha mai abbandonato, non la giovane Shoko, apparentemente votata a sogni ingenui e romantici, non Midori, dietro la spregiudicatezza di facciata, né tantomeno Misugi e Saiko, che scelgono di nutrire il loro amore di malvagità e inganno, pur sentendo in pieno tutto il peso della loro colpa. È proprio in questo patto a due che Inoue riesce a comunicarci una verità profonda sulla psicologia del tradimento: l’amore dei due traditori si nutre, trae alimento, dalla gioia segreta di ingannare una persona cara e rispettata da entrambe. È da questa profanazione della lealtà e dei sentimenti più puri che la coppia degli amanti distilla il dolce veleno che rende il loro amore sublime. Come in altri capolavori sul tema dell’infedeltà quali //buon soldato di Ford Madox Ford e Tradimenti di Harold Pinter, l’edificio di menzogne lentamente stratificate nel corso di anni non può essere abbattuto di colpo in una spettacolare scena di agnizione, ma viene smantellato attraverso un graduale mutare di prospettiva, un progressivo cadere di veli. Quando la verità si manifesta ai personaggi, essi sembrano incapaci di reggerne il confronto, e come di fronte a una luce troppo abbagliante, distolgono lo sguardo. Ognuno a suo modo si sottrae, chi scegliendo la morte, chi fuggendo.
Fino a quel momento il gioco di menzogne che aveva legato in un nodo stretto i quattro personaggi, li aveva anche tenuti irreparabilmente divisi, ognuno confinato nella propria versione della realtà. Inoue ci presenta queste versioni
una dopo l’altra, ordinatamente, inserendole in una struttura di assoluta semplicità: un prologo, dove una poesia, ispirata all’immagine solitaria di un cacciatore, assume il ruolo di involontario detonatore della vicenda, tre lettere nelle quali il complicato disegno di quattro vite affiora progressivamente, e infine una breve conclusione nella quale il narratore ricompone la vicenda sigillandola nel cerchio di una solitudine senza scampo.
Quando nel romanzo la rivelazione si fa strada, il momentaneo scompiglio è subito ricomposto da un suicidio che si direbbe compiuto, più che per pareggiare i conti con la coscienza, per un religioso rispetto delle forme, o forse anche per la consapevolezza che vivere la propria storia d’amore alla luce della verità non potrà mai eguagliare il piacere, l’intensità di una passione coltivata nell’ombra del tradimento. Con uno dei tanti giochi di simmetria che percorrono in filigrana le pagine, la lettera d’addio di Saiko giunge tra le mani di Josuke insieme a quelle di Shoko e di Midori. Tre rivelazioni che messe insieme dovrebbero comporre ai suoi occhi il quadro di una verità finalmente completa, ma è una verità che non prelude a nessuna liberazione. Un destino di solitudine e dolore incombe su Josuke, come se il fucile da caccia, che nella scena più drammatica del libro aveva tenuto puntato sulla schiena della moglie per un tempo interminabile, puntasse adesso verso di lui senza colpirlo, in una condanna dilazionata all’infinito.

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