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Il tesoro di Ntonio

Il destino nel suono di un nome

Formato: 17 x 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 112

Anno edizione: 2001

ISBN: 9788849201215

EAN: 8849201214

UB. INT. : T808D V22g

Contenuto

N° 46 della collana “Le storie della Storia” fondata da Giuseppe Selvaggi e diretta da Silvio Traversa

Alla fine ci si accorge che protagonista diventa Roma, con il destino di ognuno di noi. Eppure c’è la campagna, c’è la vita di paese. Un romanzo di fatti e persone che non sembrano aver legami con noi, per scoprire leggendo che siamo noi. Chi è Ntonio? Un “suono” dice lo scrittore, per tessere invece una trama di realtà vissuta, coinvolgenti la nostra vita quotidiana; ed il nostro progetto di esistere. Un romanzo­realtà firmato da uno scrittore nuovo che è anche un uomo di scienza, attuale.

Piero Marietti è un uomo di scienza, operante in settori di alta tecnologia legata al futuro. In parallelo, con la stessa spinta di vocazione irrinunciabile, è uomo di lettere, in una unità culturale che si concretizza con questo esordio nella narrativa italiana. È nato in Sardegna. Dalla giovinezza vive a Roma ma della “sua” Isola conserva amore e necessità del mare, degli spazi aperti: come in questo romanzo.

Il segreto e la chiave per entrare in questo romanzo di Piero Marietti – il primo che esce dal suo cassetto di letterato, di lui che letterato professionale non è: ed è fatto positivo – li troviamo in una delle prime pagine: un nome è soprattutto un suono. Così Ntonio. Un suono – o un fischio all’ignoto? – che apre ma anche immettein un luogo con sempre una porta da aprire. E avanti, pagina dopo pagina, senza poterle contare, per come il lettore affronta il narrare di Marietti. Siti dopo siti. Persone dopo persone. C’è nel rapporto di Ntonio, da non confondere con Antonio anche se è la stessa realtà anagrafica, con il suono della parola una quasi magia, che è l’ipoteca con la vita: il destino. Lo scrittore impernia trama e tasselli del mosaico narrativo, ottenendone verità, sul trasferimento a catena di memorie sopra memorie. Ne sorge una architettura di romanzo con prospettiva in cui la lettura è avvicendamento di fatti e luoghi, di pensieri e persone. Il ritmo si fa incalzante e insieme tranquillizzante, tanto da affezionarsi a Ntonio e ciò che a lui intorno ruota come se fossimo dentro la nostra vita: divertiti e anche pensosi. Piero Marietti, che in privato non è un uomo di lettere ma uomo di scienza, ha in questa prosa il dono di evitare virtuosismi e furberie tipici dello scrittore consumato. Aggiunge così una preziosa qualità: farsi leggere con il gusto della spontaneità. Ci si rende conto, alla fine, che egli è per tale naturalezza scrittore di verità e di esperienza sul vivo della lingua parlata e non artificiosa. La parola per Marietti, come il nome Ntonio, è un fenomeno che racchiude ed esprime l’interezza dell’uomo, in anima e corpo. Nell’ultima frase del libro c’è, come conclusione ed essenza, il riferimento al “poter parlare”, come possesso, se non della verità, almeno sull’intenzione di cercarla. Il tesoro di Ntonio? Un interrogativo a cui solo la lettura può rispondere. Nell’attesa degli altri romanzi che l’uomo di scienza Marietti dai cassetti passerà alla stampa: con Marietti scrittore-vero.
Giuseppe Selvaggi

Piero Marietti, è nato a Cagliari il 7 aprile 1941. Di discendenza non sarda, la casualità del luogo di nascita, intreccio guerra-idrovolanti, diventa per lui motivo di condizionamento dei ricordi, quasi folgori, neonatali, di un’infanzia priva di agiatezza, dei racconti di famiglia. Torna in Continente articolando le prime parole e frasi in stretto dialetto casteddanu e, senza saperlo, porta con sé, ormai isolano per la vita, anche un’anima di mare che gli suggerisce, insistente, la devozione all’acqua. Si affida alle matematiche, le fisiche e le tecniche di avanguardia dei tempi che vive. Frequenta il Liceo Scientifico A. Righi, sotto la guida ferma di maestri quali Marti, Puglisi, Scalia, Ascoli scopre i latini, ma non i greci, la filosofia e il disegno. Una nonna veggente gli suggerisce la musica. È allora che progetta il suo impegno per una ricongiunzione del pensiero razionale e quello intuitivo nel materno seno della cultura tout court. Scienze esatte e scienze estetiche gli si saldano dentro nell’impegno di debellare il facile detto: se la matematica non è un’opinione, perché si convince ben presto che sì, la matematica è un’opinione e questo la fa anche bella, quindi arte. Compito arduo, che tuttora lo assilla, aggredito, ma irrisolto. Con la scelta, sofferta in alternativa a medicina, della laurea in ingegneria e quella, quasi tributo alle mode, per l’elettronica, abbandona l’idea della vendetta contro le malattie che gli hanno portato via un glicine appassito prematuramente. La spinta ad agire per sentirsi essere lo porta all’impegno nel ’68 che non rinnegherà nemmeno in età avanzata, alla voglia di suonare, comporre e cantare con la sua chitarra, di recitare in un teatro non meramente amatoriale, di viaggiare e imparare le lingue del mondo e, infine, di scrivere. È su questo terreno che salda i conti con le scelte imposte dalla necessità o da una tradizione troppo forte per essere affrontata solo con la vigoria della gioventù: prima con più di duemila pagine dedicate all’elettronica, che egli intende generatrice di nuove, affascinanti strutture mentali: opera unica in Italia, alla quale si rimprovereranno le venature letterarie che qua e là vi affiorano. Quindi affrontando il terreno del raccontare o del dire: per non sembrare muto, come gli insegna l’amatissimo Francesco Guccini.

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