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Inversonero

Formato: 17 x 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 64

Anno edizione: 2015

ISBN: 9788849229783

EAN: 884922978X

UB. INT. : T701B V13e

Contenuto

Da cosa trae ispirazione un dipinto? Da un paesaggio ammaliato, dal desiderio di fermare l’attimo fuggente, di interpretare il favor optimi temporis, di assecondare uno stato d’animo nel fervore del genio, “ispirato”, appunto. E un componimento in versi? Cosa ispira una poesia? Un tramonto, diremmo banalmente. Magari l’esito felice di un “m’ama-non m’ama” con una margherita. Può aiutarci talvolta la forma delle nuvole o l’osservazione di certi fenomeni naturali, quali un arcobaleno o il sole che filtra dall’alto. Ma c’è poi lo spleen, quella condizione irripetibile dello spirito che produce estro e creatività, autentico gorgo di emozioni e malinconie timorate che accompagna fatalmente le giornate di certi artisti. È proprio lo spleen che potrebbe aver orientato Pasquale Nero Galante e Angelo Andriuolo (che muovono – è importante chiarirlo – da linguaggi ed ambiti espressivi diversi, seppur tradizionalmente contigui) verso l’oplà di una produzione – pittorica l’uno e letteraria l’altro – di interessantissima convergenza. Utile si rivelerebbe indagare nei rispettivi vissuti e ricercare i motivi di queste straordinarie affinità, che sembrano indirizzare verso un comune prodigioso sentire. Emerge invece che i due artisti (ci soccorre in tal senso il suggestivo racconto di Ottaviano Del Turco, che apre la pubblicazione) non si erano mai relazionati sui rispettivi intenti produttivi. Non nasce – dunque – la poesia di Andriuolo a commento delle opere di Nero Galante, né i lavori di Nero Galante offrono l’ambientazione ai versi di Andriuolo. Ancorché palesino a più riprese un rimando di immedesimazioni le due produzioni nascono infatti autonomamente e si rivelano insolitamente complementari l’una all’altra, consimili nel taglio narrativo e affini nel fluxus metaforico dei contesti. Si tratta dunque di parallelismi concatenanti, alieni nelle rispettive intuizioni generatrici, eppure l’uno monitore dell’altro di annotazioni che all’occhio attento si rivelano l’inaspettato commento didascalico del corrispondente. L’arte del resto – sotto forme varie e contraddittorie – è il passepartout ideale per alleggerire tormenti ed ansietà. Anche dello spleen.

ANGELO ANDRIUOLO vive da molti anni a Roma, giunto alla metropoli per imbocco diretto dal crocevia naturale che è il natio paese, Teggiano (SA), rocca storica a dominar il Vallo di Diano. Nato il 30 gennaio 1957, Andriuolo è laureato in giurisprudenza e per lungo tempo si è occupato in Aziende bancarie e finanziarie, ricoprendo importanti ruoli direttivi e di sviluppo commerciale. La padronanza della ferrea logica dei numeri e dei risultati ne ha eccitato l’innata versatilità, e unita a un antico amore per l’arte, lo ha convinto a farsi imprenditore di successo e di innovazione nel mercato artistico. Come gallerista e mercante d’arte, ha operato e tuttora opera in Italia e all’estero, curando fra l’altro l’organizzazione e l’allestimento di numerose esposizioni, sostenendo il cursus professionale di affermati artisti. Da tanto non domo, Andriuolo ha da sempre coltivato una privata oasi di creatività e di relazione più intima e personale con la suggestione artistica: la scrittura, specie quella poetica, è così valvola di sfogo e rifugio nei momenti intensi del quotidiano vivere, scrigno della memoria e dei sentimenti accaduti. Questa è la prima volta che ha accettato di pubblicare i suoi versi.

PASQUALE NERO GALANTE è nato a Carovigno (BR) il 1 agosto 1964. Per pugliesità e zodiaco d’indole dunque leonina, s’è colmato occhi e animo degli orizzonti profondi, delle tinte rosso-ferrigne, delle dure torsioni degli ulivi in terra salentina. Ha assorbito l’umanità diversa, di diversa e forte storia, che quel territorio remoto e antico impone alla natura delle sue genti. Di visioni e carattere, Galante ha fatto arte. Con la frequenza ai corsi del Liceo Artistico e dell’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha iniziato prestissimo a esporre, dapprima incentrando la sua ricerca sulla relazione fra la materia pittorica, le tecniche delle tradizioni (quella della cartapesta salentina, le lavorazioni dei lapicidi e degli scalpellini, la manifattura delle stoffe e degli ornamenti barocchi) e i linguaggi della contemporaneità. Trasferitosi con ostica audacia a Roma, ha via via maturato un proprio personale codice espressivo, precipuamente pittorico, in cui la figura e la trascrizione del reale sono resi con pochi colori (i grigio-bruni, il bianco sporco e soprattutto il nero) e un’ombrosa impronta gestuale che macchia, ricopre, cancella superfici e particolari. Ha esposto in tutta Italia e molto all’estero, soprattutto in personali e in non poche, ma selezionate, collettive. Continua a vivere e lavorare a Roma, però inquietamente.

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