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Paesaggio Agrario. Una questione non risolta

Formato: 17 X 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 160

Anno edizione: 2007

ISBN: 9788849213126

EAN: 8849213123

UB. INT. : T703E V04f

Contenuto

Il termine “paesaggio” assume una pluralità di significati, che corrispondono a differenti sensibilità: agroforestali, architetti, artisti, biologi, ecologi, economisti, filosofi, geografi, geologi, giuristi, paesaggisti, scrittori, semiotici, sociologi, storici, urbanisti; ma anche, solo per fare altri esempi, popolazioni “urbane” e “rurali”; agricoltori “produttori” di paesaggio e turisti “consumatori” di paesaggio. «Due gruppi sociali che operano fianco a fianco in uno stesso ambiente, svolgendo attività diverse vedono certo le stesse cose […] ma non vedono lo stesso territorio».
Il termine “paesaggio” è sfuggente, ogni relatore in ogni convegno ne dà una definizione più o meno fortunata; la geografia, la filosofia, l’ecologia ed altre discipline hanno provato a farlo proprio, senza riuscirvi. Si è tentato di sostituirl con il concetto di ambiente. Si è tentato di imbrigliarlo e poi demolirlo ope legis. Si è abusato del termine parlando di “paesaggio politico”, “paesaggio economico” e quanto altro. Dal Dopoguerra ad oggi si è anche banalizzato il paesaggio attraverso i processi di industrializzazione dell’agricoltura con la Politica agricola comune (PAC), passando dalla “policultura” alla “monocultura”. I risultati evidenti sono stati sia la semplificazione della biodiversità per la perdita dei mosaici paesaggistici e della ricchezza delle colture promiscue, sia la contrazione delle aree agricole a favore, da un lato, della rinaturalizzazione a pascolo e rimboschimento e, dall’altro lato, dell’espansione urbana. Si è consumata buona parte della superficie libera da asfalto e cmento aumentando lo spazio procapite per le infrastrutture, le attrezzature, i servizi e le abitazioni. Si è così determinato in gran parte del Paese uno spazio ibrido, in bilico tra città e campagna, dovuto alla dispersione urbana. Accanto a queste “macro” trasformazioni del paesaggio sono state altrettanto pericolose le “micro” trasformazioni, a cui si presta meno attenzione, anche tra gli osservatori più sensibili. Chi percorre un’autostrada può vedere ancora un bel paesaggio, ma non vede persone che vi lavorano: vi sono molti “spettatori” e pochi “attori”. Chi in un giorno di bel tempo prend un aereo e sorvola il nostro Paese vede ancora campi e boschi, ma non vede territori integri da costruzioni. Chi passa una serata in campagna vede ancora un cielo stellato mozzafiato, ma anche le crescenti luci di manufatti, aggregati o isolati. Chi torna a contemplare un paesaggio della propria memoria lo trova senza siepi e muretti a secco, con brutte cancellate e con strade più dritte e meno bianche.
Il rischio evidente è nella la perdita delle colture, dei colori, degli odori e dei sapori che innescano inevitabilmente un danno alla biodiversità, alla qualità dei prodotti agricoli, al benessere fisico e all’identità culturale.

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