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Per motivi di spazio

Con note di Erich Steingräber, Gianni Nicoletti e Giuseppe Selvaggi

Formato: 17 x 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 508

Anno edizione: 1998

ISBN: 9788874487981

EAN: 8874487983

UB. INT. : T516a V22c

Contenuto

N° 8 della collana “Le storie della Storia” fondata da Giuseppe Selvaggi e diretta da Silvio Traversa

Dire “diario” non è esatto. Ma come definire un libro indefinibile per il suo essere felicemente, attivamente, mentalmente diverso? In fondo, questo libro, classificabile anche di arte e poesia, ha parentela con lo “Zibaldone” di Leopardi e i “codici” di Leonardo. Tutto dentro.
Sì che il prosatore Giulio Ghirardi torna, raffinando e proseguendo il suo precedente “Addio Novecento”, ad imporsi poeta, narratore, storico dell’arte e del costume in una globalità che è aspirazione dell’uomo. Assetato di luci e di tenebre, in volo nel sotterraneo dell’esistere. Ed atterra oltre i cieli.

La problematica della poesia di Giulio Ghirardi, quale appare fin dalle prime pagine di Per motivi di spazio, sembra dominata anzi assillata da due preoccupazioni profondamente interiori, e interne alla connessa poetica: mi attengo al frammento, quindi la mia scrittura è frammentaria (o non piuttosto “frammentista”?); qual è per conseguenza il “genere” in cui sarebbe possibile inserirla?
Si può ragionevolmente supporre che il frammento e una sorta di poetica del frammentario siano collegati fin dall’inizio, da una causa comune. La quale, apoditticamente riconosciuta, non può essere che Venezia ­ Venezia meritevole di aver dato i natali e lo spunto a un frammentarista. Può una città fare tanto? Il frammento può essere dovuto a due circostanze sommarie, la predisposizione a vedere Venezia in modo frammentario, e la caduta delle illusioni di un moto culturale unitario, per il prevalere di un molteplice equivoco e sfuggente.
Può essere che in Ghirardi vi sia anche una componente, invero assai letteraria, ma non bisogna dimenticare che i canali della formazione sono complessi e misteriosi, e comunque non possono essere unici ­ Pertanto preferirei una fonte può naturale, autonoma e autoctona.
(dalle note critiche di Gianni Nicoletti)

Per motivi di Spazio, non è un antilibro nel senso dogmatico della funzione ma uno specchio di esperienze ­ o di circostanze ­ nelle quali l’Autore decanta la vena poetica, aforistica, filosofica apprezzata nelle opere precedenti: I Sostantivi della Pittura, Dipingere Venezia, Note Adriatiche e Addio Novecento. È un libro costruito e pensato con la pazienza di un poeta ­ artigiano di indole lagunare È un libro indipendente, spregiudicato, sentimentalmente legato alle intenzioni o tentazioni poetiche, aforistiche, narrative che entrano nella vita di un uomo per rendere un servizio al pensiero, al carattere più che al genere codificato. Gli spazi liberi, inesplorati ­ il pessimismo non è vincolante ­ prima o poi si rifugiano nella gaia prigione del libro, dove entrano tutti gli umori, del cielo, del clima, degli anni Il linguaggio di Ghirardi, letterariamente antiletterario o venezianamente bizzarro anzi metafisico assicura il fascino di questo libro ­ un capolavoro un po’ arduo ma sostanzialmente umano e sofferto.
(dall’introduzione di Erich Steingräber)

Giulio Ghirardi, veneziano, apprezzato dai “classici” della ricerca (Bettini, Pignatti, Steingräeber, Mazzotti) e accolto con amicizia dai transfugae (Renzo Modesti, Alberico Sala, Giuseppe Marchiori, Giuseppe Longo), non si vergogna di avere una vena diversa ­ poetica, eclettica, narrativa ma con riserva ­ e di consultarla nei momenti più delicati della scrittura. Quando l’opinione critica o il pensiero quotidiano cercano nuovi spazi ­ di neutralità o di indulgenza. E non li trova nell’ufficialità dei recinti ma nel piacere dell’appunto. Che offre libertà senza formule, accompagnate da rischi e sanzioni non solo psicologiche. I problemi di spazio e di carattere, i rapporti ora spiacevoli ora dolorosi che ogni autore ha prima o poi con le voci burocratiche della cultura, spiegano la sostanza liberatoria di questi scritti, che sono sfoghi pacati e rispettosi del carattere del lettore, tante volte cercato o scansato per paura di perdere gli ultimi amici.

Il libro guarda in faccia il duemila senza complessi di genere e di retorica. Gli appunti, gli schizzi, i ritagli, i ritratti scolpiti con la forza dei bassorilievi e di altri gioielli erratici che ci fanno compagnia nei percorsi più cari, più intimi, sono nella maggior parte dei casi, lavori compiuti, ricchi di idee e di stimoli per il lettore moderno sensibile, emancipato. L’italiano di Ghirardi è una novità non solo per il lettore straniero. Perché è concreto e musicale, marmoreo e appassionato senza ricorrere ai narcisismi e alle archeologie lessicali di tanti scrittori di questo scorcio.
(U.S.)

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