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Scarabocchi senza fissa dimora

Formato: 15 x 21 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 112

Anno edizione: 2006

ISBN: 9788849211580

EAN: 8849211589

UB. INT. : T454B T817F V14f

Contenuto

Non saprei dire quando sia apparsa per la prima volta nel mio cervello la parola Boopismo, né saprei dire con quale valore si sia manifestata. Sicuramente è stata una sorpresa, forse la testimonianza di uno squilibrio che ha attraversato la mia mente.
Col passare del tempo mi sono affezionato a questo squilibrio, l’ho coltivato come una pianticella, mi sono fatto travolgere dai vaneggiamenti che suggeriva, che cominciarono così…
Il Boopismo, pur appartenendo a pieno titolo alla categoria delle avanguardie storiche del Novecento, non è mai stato delimitato come movimento artistico, nessuno è riuscito a stabilirne i confini.
Più che un movimento artistico si può considerare un virus che ha fulminato per un attimo gli artisti per poi autoincenerirsi, seminando tracce che hanno la consistenza dei miraggi.
Purtroppo ne sono stato fulminato anch’io, non so a quale titolo.
Me ne sono fatta una ragione pensando ad una svista oppure alambiccando sul fatto che anche i virus, come il sottoscritto, possono avere seri problemi di vista. Sta di fatto che, grazie a questa bizzarria mentale mi sono tuffato nell’ignoto dell’arte come un gelato in un forno. Non è stato facile inseguire le tracce di questo movimento artistico, anche perché, dai rapporti catalogati, emerge chiaramente che il Boopismo ha contagiato non solo il mondo della pittura, ma anche quello dello spettacolo.
Non sembra trasparire un grande fervore estetico o filosofico dal Boopismo, non esistono tracce di dispute a questo riguardo. L’unica certezza è che tutto discende dalla sua musa ispiratrice: Betty Boop.
Musa frizzante più che inquietante, elettrizzante più che ammorbante, ammaliante più che petulante.
Vissuta tra il 1931 e il 1939 in un mondo fatto di cartoons, Betty Boop ha seminato malizia, allegria e sbadataggini in quegli anni in cui l’arte sembrava avere una densità che col passare del tempo si è dissolta nell’etere. È molto probabile che Betty Boop non sia mai venuta a conoscenza del movimento artistico che porta il suo nome e che sia stata una musa inconsapevole, scatenatrice di scintille mentali imprevedibili, simili a quelle che scatenava la compagna di scuola più bella quando faceva intravedere un po’ di gambe, con noncuranza, a noi lupetti di Mompracen che, sgranando gli occhi, non perdevamo un fruscio delle sue calze e salpavamo, con vento salariano, verso territori fatti di carne e di seta… Sicuramente alcune radici del Boopismo sono da ricercarsi in quel gioco di riverberi di seduzioni che Betty continua a seminare ad ogni sua apparizione.
Non c’è molto da aggiungere su questo movimento artistico che vive nel Novecento come un vagabondo spaesato che ha la sfacciataggine di un ripetente.
I materiali che proponiamo in questo catalogo sono una sorta di inventario delle tracce che il Boopismo ha seminato nel corso di questo secolo: quadri, illustrazioni, manifesti cinematografici, copertine di partiture musicali. Non manca l’unica testimonianza bibliografica che siamo riusciti a reperire, il volume intitolato Il Boopismo e la maschera; questo a fronte di un’ampia bibliografia di cui sono rimasti solo i titoli, mentre i libri si sono dissolti nei bagliori di una biblioteca immaginaria. Siamo riusciti a reperire anche alcune lettere che vennero inviate da artisti a Betty Boop.
Sono custodite nella fondazione che porta il suo nome in uno scatolone su cui c’è scritto lettere incomprese.
E’ durata dieci anni questa mia ricerca inseguendo indizi di un movimento artistico che per la storia ufficiale non è mai esistito.Tutto è cominciato una notte di marzo in cui nacque mia figlia Caterina, fantasticando su quali immagini giocose avrebbero potuto accompagnare l’avvio della sua vita.
Lungo le piste di quest’avventura ho incontrato alcuni amici che hanno voluto testimoniare i riflessi che hanno avuto sul sottoscritto i lampi della fede Boopista. Gli scritti di Francesco De Gregori, Pablo Echaurren, Milo Manara, sono da considerarsi come perizie, espresse in un consulto di luminari, sulla mia bizzarria mentale.
In tutti questi anni, di grande conforto e illuminazione per la mia investigazione sono stati due pensieri del pittore Totò Scorcelletti, misconosciuto copista partenopeo e parte-napoletano, che recitano:
“Non permetterò a chicchè-sia di copiare la mia arte combinativa”;
“Cosa accadrebbe se un copista si mettesse a copiare?”

Post scriptum
Dimenticavo di segnalare che un frammento della vita del pittore Scorcelletti è stato narrato in un film di Steno, il cui titolo sembra contenere una sintesi perfetta dell’idea Boopista;
Totò, Eva e il pennello proibito.

Vincenzo Mollica

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