Il silenzio dell’amicizia
Una storia della storia
Autori: Todisco Giuseppe
Formato: 17 x 24 cm
Legatura: Filorefe
Pagine: 112
Anno edizione: 1998
ISBN: 9788874488377
EAN: 8874488378
UB. INT. : T314G V22f
Contenuto
N° 14 della collana “Le storie della Storia” fondata da Giuseppe Selvaggi e diretta da Silvio Traversa
Amicizia come dono assoluto. Una amicizia può anche sperdersi durante la vita. Torna inattesa, recuperata nella memoria, ricchezza ritrovata. Nei silenzi che ci accompagnano la trama di una amicizia può diventare ritmo che riunisce il passato al futuro, musica serena nella memoria, quando ne abbiamo bisogno. È Talismano intoccabile, invisibile ma concreto. Come la sostanza di questo racconto, realistico sino a inserirsi nella Storia, la nostra. Eppure sogno vissuto che vorremmo tornasse. Come una amicizia davvero perduta.
“Si dice che negli scrittori i fatti di stile siano determinanti per stabilire cos’è lo scrittore, e nel caso di Giuseppe Todisco si vede che c’è.
Questa che sembra essere la serialità nasconde un senso, un’idea”.
Walter Pedullà
Giuseppe Todisco (Melfi, 1923) matura la vocazione di scrittore attraverso la quotidianità del lavoro di avvocato, tra verità e non-verità. Tre romanzi prima di questo Guardando un quadro una mattina, Senza posto, Il Funzionario segnano nella narrativa contemporanea una presenza inconfondibile. Situazioni del Sud italiano, trasferite nelle metropoli dell’emigrazione, diventano il Sud Planetario, dovunque ci siano dolore e disoccupazione, sogni irrealizzabili e fughe. Un Sud che è dovunque, a New York come a Tokio, nei grattacieli come negli squallori periferici. Un Sud che significa lotta per dimenticare, e per rinascere. Come nei personaggi del suo quarto romanzo, Giuseppe Todisco crede nella virtù del lavoro rappresentato quale volontà di esistere e proseguire magari nei figli, dovunque il destino li porta. Simultaneamente narra e rimpiange la perdita delle radici del luogo nativo. Nel suo prossimo secondo libro di poesie, Strisce d’ombre, scrive: “Dov’è quello dov’è quell’altro morto emigrato chissà dov’è ora”. Lo scrittore vive a Roma dove esercita la professione di avvocato. Ha una parallela attività culturale anche attraverso la CAPIT (Confederazione di Azione Popolare Italiana) nel cui ambito presiede la Federazione Italiana Attività Letteraria. Collabora a riviste. Su “Idea” firma la rubrica “Interrogativi”.
La voglia di rimeditare le allusioni nascoste, le segrete tentazioni del romanzo ci vengono da una necessità di lettore: identificare quell'”Altro”, fuori di noi, ma sempre stato con noi: persona amica che avevamo dimenticato e che, invece, eccola lì, venirci incontro, impossibile da evitare, dirci reciprocamente “ciao”, perché di fatto non ci siamo mai lasciati, anche se è passata, in mezzo, tutta la vita, nostra e sua. “Il silenzio dell’amicizia” questo Tutto è detto tra noi, niente di nuovo tra noi è un titolo che lascia aperte al lettore ogni strada di interpretazione, di individuazione. Ed è vera virtù di narratore, in Giuseppe Todisco, insieme al suo “stile”.
C’è del “giallo” nel quieto narrare dello scrittore, che sfoglia i decenni della vita con la cadenza di uno storico. La guerra. la gioventù disoccupata. Chi pasce bene nel giardino della vita. Chi raccoglie briciole.
In Todisco scatta una questione poetica, un innesto che eleva la realtà a simbolo, a specchio entro cui il lettore è costretto a guardare.
Alla fine siamo noi il personaggio che, come in sogno, si fonde. Due diventano uno. Dinanzi, le cose non realizzate ma progettate, da noi o da lui? L’ultima tappa, nel rendiconto della vita, manca di qualcosa. Sulla soglia del mistero dove è l’altro, dove siamo noi? insorge il desiderio di riviverla la vita stessa. Il silenzio dell’amicizia diventa stupore, attesa. Il romanzo chiude con un interrogativo non espresso, immenso dinanzi a noi.
Il romanzo non conclude, perché resta labirinto ancora da percorrere, però sapendo che c’è la porta. Ove, oltre il silenzio, c’è il nostro progetto di vivere. Ancora intatto. Il romanzo diventa un “giallo” di idee, di situazioni rivolte al futuro, alla ricerca dell’Angelo-Amico che c’è stato, e non può non esserci. In qualche luogo, in qualche modo.
Giuseppe Selvaggi
da “Il Giornale d’Italia”
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