June Di Schino e il cuoco segreto. Recensione sul «Notiziario Insor» Anno XLVII n. 225

June Di Schino e il cuoco segreto. Recensione sul «Notiziario Insor» Anno XLVII n. 225

Poco prima dello scoppiare del secondo conflitto mondiale l’editore Bompiani aveva messo in circolazione gli scritti di un guru orientale, Lin Yu Tang. Tra le lepidezze raccolte da costui c’era una bonaria presa in giro dell’anima nazionale tedesca: per i moderni germani non vi sarebbe stata infatti maggiore soddisfazione del pavoneggiarsi la domenica, sui viali della città, vestiti nella loro uniforme di consigliere segreto. La storia dei cucinieri dei papi non è troppo diversa: diventavano segreti quando erano ultrapalesi, ossia quando divenivano titolari di quello che ben poteva essere chiamato il dicastero della bocca di Sua Santità.
Il più famoso di loro è stato certamente Bartolomeo Scappi: nato in un anno a cavallo fra il Quattrocento e il Cinquecento e morto nel 1577, dopo essere stato protagonista della cucina papale tanto con Pio IV che, soprattutto, con Pio V. Su di lui esce ora, in una magnifica veste tipografica curata dall’editore Gangemi, un saggio di June di Schino e Furio Luccichenti: Il cuoco segreto dei papi.

Lenta è la sua carriera in una società gerontocratica come quella papale. Nel 1536 cura a Roma un pranzo in onore di Carlo V per conto del cardinal Campeggi. Ma occorrerà aspettare il 1547 perché gli venga commissionato un consumato di polpe di cappone per il cardinal Bembo e un brodo di castrato per il cardinal Sadoleto. Al 1551 risale il brodo di pollo per il cardinal Cornaro. Nel frattempo avrà curato una colatione per il cardinale Du Bellay. Occorre scendere al 1564 perché sia riportato nei ruoli come cuoco segreto di Pio IV, in attesa di essere confermato dal successore Pio V nel 1566. Si diventava cuoco segreto, in altri termini, più o meno all’età in cui gli ecclesiastici diventavano papi. In compenso, mentre i papi cessavano dalle loro funzioni con la morte, un cuoco segreto poteva essere licenziato, restando in vita: come accadde appunto allo Scappi nel 1572, alla scomparsa di Pio V.
Merito di June di Schino – a cui dobbiamo tante pagine sulle tavole illustri – è in particolare di avere dissipato l’equivoco sulle origini dello Scappi: non bolognese – come sostenuto invece da Giancarlo Roversi nella sua brillante introduzione alla Opera del nostro. E nemmeno veneto, come poteva dedursi da qualche ricetta e soprattutto dall’ortografia delle medesime. Rileva maliziosamente (ma giustamente) June di Schino che il libro, essendo stampato a Venezia, avrà probabilmente subíto la revisione dei correttori di bozze. Esso dovette del resto la sua nascita a una circostanza abbastanza paradossale: San Pio V non era assolutamente interessato alla gastronomia, e quindi il cuoco segreto (e disoccupato) aveva tutto il tempo di dedicarsi alla scrittura. La prevenzione dell’austero papa Ghisleri verso il cibo arrivava al punto di proibire ai romani accasati di andare al ristorante, luogo che doveva essere riservato ai forestieri. Pio V avrebbe quindi, in un certo senso, e forse con intenzioni un po’ diverse, anticipato la famosa politica del cancelletto instaurata da Leone XII, il quale vietava agli osti di fare accedere i clienti a locali dove avrebbero potuto chiacchierar di politica: dovendo pertanto, essi osti, limitarsi a servire gli avventori dando loro il vino attraverso un cancelletto.

Nella composizione della Opera Bartolomeo Scappi, secondo l’accurata disamina di June di Schino,
1) conserva alcuni piatti della tipica cucina medievale concernenti l’orso, il ghiro e il porcospino§
2) rivaluta il pesce§
3) elogia i grassi, pur nel contesto di una cucina povera.
La gola non era il peccato principale dei papi. Pio IV faceva sí imponenti scorpacciate, ma di polenta, e anche il ben più discutibile Giulio III metteva l’aglio in cima ai suoi desideri gastronomici. Quanto a Gregorio XIII, che provvide a sostituire lo Scappi, i suoi pranzi cominciavano sempre con delle erbette: quasi a giustificare il detto del suo quasi contemporaneo Brantôme, secondo cui – in una notte amorosa – il primo colpo non era che l’insalata del letto, ossia l’antipasto.
Creato conte palatino nel 1571, Scappi verrà sepolto nel 1577 nella chiesa della Confraternita dei Cuochi. Una istituzione alla quale June di Schino dedica alcune pagine estremamente graffianti, vista la tendenza della Confraternita a trasformarsi in vero e proprio sindacato di categoria: secondo un processo analogo a quello che aveva trasformato il principio religioso in uno stato teocratico.

Fonte: Agra Press

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