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Nescio

Memorie da un recinto inesistente

Formato: 17 X 24 cm

Legatura: Filorefe

Pagine: 112

Anno edizione: 2002

ISBN: 9788849203226

EAN: 8849203225

UB. INT. : T515C T522C V22a

Contenuto

N° 62 della collana “Le storie della Storia” fondata da Giuseppe Selvaggi e diretta da Silvio Traversa

Le ragioni di una lettura sul filo dell’interesse, spontaneo e senza fatica, sono un segreto inspiegabile: è ciò che avviene abbandonandosi a questo racconto che da memoria forse autobiografica dell’autore diventa qualcosa, in parallelo, da noi vissuto o immaginato. Piero Marietti racconta con la misura dell’uomo di scienza e con la fantasia della vocazione a romanzare la realtà. Da tale equilibrio il risultato di una lettura allegramente vissuta, con l’ironia che però non nasconde le angoscie della pure allegra vita, di più oggi.

Nescio è il secondo romanzo di Piero Marietti che entra in questa collana: di diritto, acquisito con la voce dei lettori, il successo di qualità del primo, Il segreto di Ntonio. Di provenienza da altra scienza, solo in apparenza lontana dalla costruzione di fatti e sintassi, qual’è la pagina scritta, Marietti scrittore era come atteso al varco. Le pagine limpide dell’introduzione di Eduardo Caianiello documentano criticamente l’entrata, per vocazione e realizzazione, di Marietti da persona di scienza nel cosiddetto mondo letterario, assetato anch’esso di ricerca. Marietti racconta un se stesso che diventa personaggio e paesaggi, per lo più urbani, con lo sfondo di una Roma trasferibile anche sotto altri cieli. La novità, ossia l’attualità per l’inserimento in altre culture quindi la traducibilità del romanzo per lettori persino distaccati da Nescio e dal suo dintorno storico e ambientale è questa possibilità di trasferire i sentimenti del racconto in una ipotesi di mondi sociali persino opposti a quelli dell’autore. Marietti graffia e sorride, teneramente e duramente, nella realtà come verità. Questo è il punto di forza dello scrittore. L’operazione è conseguenza, probabile, dell’uomo di scienza.
C’è in questa prosa, con misura portata semplicità e raffinatezza, una sapienza sintattica bene avvertibile nelle pagine descrittive e nel riporto della parola dialogante. Marietti conosce la geometria della parola nella sua mutazione verso la scala alta della geometria della frase. Abbiamo spesso, ed il racconto in tale momenti ha un vasto respirare, una felice combinazione tra fascino della frase al limite primordiale e un approdo che si rivela risultato di meditazione, e di lotta dentro di noi. (Noi, traferiti nello scrittore). Un momento di tali vertici, che sono rivelazione anche di ideologie: il lettore incontrerà ragazzini che cantavano e mangiavano Dio. Non è una profanazione del sacro nonostante l’allegrezza dell’ironia. È una punta d’oro del romanzo. Corpo ed anima si fondono, confusi nella pienezza della elementarità, come siamo fatti. È un vertice, sul filo dell’inedito, in questo romanzo.
La geometria della parola viene da Marietti resa scintilla, divertente nel profondo per l’unità con l’enigma poetico, scoperto persino nella vita giorno dopo giorno. Sino al finale: una battuta di estremismo nell’invenzione, realistica e fantastica. Marietti ci congeda avviandoci, chiudendoci, liberandoci in un inesistente recinto. È la chiave del romanzo. Questo libero orto chiuso della felicità e del contrario, della nullità del tutto e l’inverso sono un sigillo. Quale, il marchio? Marietti forse lo suggerisce anche se non può saperlo, essendo vita e poesia un viaggio ignoto.
Giuseppe Selvaggi.

Piero Marietti è nato a Cagliari nel 1941, vive a Roma dove si è laureato in Ingegneria e insegna Elettronica all’Università La Sapienza. È autore de Il tesoro di Nonio, pubblicato da Gangemi nel 2001.
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Ha partecipato alle vicende del ’68 con l’entusiasmo di chi crede nel rinnovamento, nel cambiamento maturato nelle coscienze dei giovani impegnati a volere un clima diverso nel quale possano trovare posto il rispetto reciproco e la giustizia sociale. Con il senno di poi rivisita esperienze pregresse in cui, alla delusione del rien à faire, si mescola il rammarico di avere ancora una volta sperato e creduto nella coerenza di persone, amici e colleghi con i quali si vive gomito a gomito per anni, ma dei quali sfugge il senso ultimo dell’agire. Il racconto prende le mosse da una vicenda personale, che l’autore usa per illustrare la fragilità dell’uomo e le sue inconsapevoli impotenze. La metafora apre e chiude il racconto, prologo e postlogo, e dà il senso dell’inadeguatezza e della ripetitività di formule prive di significato, fini a se stesse, di un mondo acquiescente e sordo ad ogni voce nuova che denunci una voglia di cambiamento e di trasparenza. Buon osservatore, si apprezzano le notazioni che manifestano una profonda conoscenza dell’ambiente-Roma, regalandoci immagini vive e suggestive della città, colte dall’occhio di chi la gira in motorino. NESCIO sembra essere la conclusione cui arriva l’autore dopo aver toccato con mano, in un’esperienza drammatica, l’incertezza del vivere e l’incapacità di comprendere l’ambiguità del mondo che ci circonda.
A.S.

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