Roma, Museo di Roma – Palazzo Braschi, sabato 8 dicembre 2018, ore 17.00, inaugurazione della mostra PAOLO VI. IL PAPA DEGLI ARTISTI Catalogo Gangemi editore

Roma, Museo di Roma – Palazzo Braschi, sabato 8 dicembre 2018, ore 17.00, inaugurazione della mostra PAOLO VI. IL PAPA DEGLI ARTISTI Catalogo Gangemi editore

Sabato 8 dicembre 2018, presso il Museo di Roma – Palazzo Braschi, apertura al pubblico della mostra Paolo VI. Il Papa degli artisti a cura di Antonio D’Amico. Catalogo pubblicato per i tipi della Gangemi editore.

Mostra aperta al pubblico fino al 17 febbraio 2019

La mostra è organizzata dal Centro Europeo per il Turismo e la Cultura Presieduta da Giuseppe LEPORE, il Comitato Promotore è Presieduto dal Cardinale Angelo COMASTRI, Vicario Generale di Sua Santità, Arciprete della Basilica Papale di San Pietro e Presidente della Fabbrica di San Pietro ed il Comitato Scientifico è Presieduto dal Cardinale Giovanni Battista RE, Prefetto Emerito della Congregazione per i Vescovi.
Le Opere che saranno esposte provengono dalla Reverenda Fabbrica di San Pietro in Vaticano, dalla Collezione Paolo VI – arte contemporanea di Concesio (BS) e da alcuni collezionisti privati.
Con questo Evento, si vuole sottolineare, il legame indissolubile auspicato da Montini tra la Chiesa e l’arte, una precisa volontà di riavvicinamento annunciata con determinazione nella lettera agli artisti che il papa pronuncia nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964, a chiusura del Concilio Vaticano II.
L’Evento infatti intende anche mettere in luce il legame di Papa Paolo VI con l’arte contemporanea, indagando quelle forme espressive che rendono il messaggio evangelico esplicitamente più vicino agli uomini e più comprensibile, mostrando però non soltanto il linguaggio iperrealista, caro alla Chiesa, ma anche il concettuale, l’astrattismo e altre forme d’arte che comunicano il sentire dell’artista che vive il proprio tempo e si accosta al sacro con il proprio vissuto.

Una precisa volontà di riavvicinamento annunciata con determinazione nella lettera agli artisti che il papa pronuncia nella Cappella Sistina il 7 maggio 1964, a chiusura del Concilio Vaticano II.
L’intenzione di Paolo VI è quella di “avviare una nuova stagione dell’arte”, come precisa un altro grande pontefice, Giovanni Paolo II.
Infatti, si deve a Montini la Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium del 4 dicembre 1963 che ha siglato precise disposizioni sull’arte, ma soprattutto l’ampliamento della collezione d’arte sacra contemporanea dei Musei Vaticani in cui vengono accolte anche le esperienze artistiche del Novecento.
È dunque questo prezioso rapporto tra Giovanni Battista Montini e gli artisti del suo tempo che la mostra indaga e lo fa proponendo al grande pubblico una parte della ricca collezione d’arte che dopo la morte del pontefice, il suo segretario personale, don Pasquale Macchi, ha donato all’Istituto Paolo VI di Concesio nel bresciano, città natale di Montini, dove tutt’ora si trova, affidata dal 1987 alle cure dell’associazione “Arte e Spiritualità”.
La collezione consta di oltre settemila opere tra dipinti, disegni, incisioni, stampe, sculture e medaglie custodite nella sede di Concesio di fianco alla Casa natale di Paolo VI. Adesso approda a Roma presso Palazzo Braschi una parte di questa vasta collezione che costituisce il nucleo centrale della mostra, con l’obiettivo di far conoscere un tesoro poco noto che comprende tra gli altri artisti quali: Aldo Carpi, Emilio Greco, Fausto Pirandello, Angelo Biancini, Floriano Bodini, Trento Longaretti, Ennio Morlotti, Salvatore Fiume e Renato Guttuso, senza dimenticare l’intenso ritratto in bronzo di Pio XII modellato dal grande Francesco Messina.
Nei suoi scritti, il pontefice rammenta l’importanza dell’atto creativo che è proprio degli artisti, ai quali è affidata una proficua evangelizzazione per immagini dell’Annuncio di Cristo, rendendolo il più possibile accessibile e comprensibile a tutti, con la prerogativa di conservare “a tale mondo la sua ineffabilità, il senso della sua trascendenza, il suo alone di mistero”. Paolo VI si sofferma sull’aspetto spirituale della creazione, in quanto per un artista dipingere, scolpire o realizzare un manufatto d’arte applicata vuol dire entrare “nella cella interiore di se stessi e dare al momento religioso, artisticamente vissuto, ciò che qui si esprime: una personalità, una voce cavata proprio dal profondo dell’animo, una forma che si distingue da ogni travestimento di palcoscenico, di rappresentazione puramente esteriore; e l’io che si trova nella sua sintesi più piena e più faticosa, se volete, ma anche più gioiosa”. Le parole di Montini sembrano abbracciare tutte le forme d’arte, anche quelle che la Chiesa aveva ritenuto non adeguate alla divulgazione del messaggio evangelico, come l’astrattismo e come talune esperienze degli inizi del cosiddetto secolo breve. Qualsiasi sia il linguaggio artistico, per Paolo VI l’arte ha il compito di rendere il messaggio evangelico esplicitamente più vicino agli uomini e più comprensibile.

Paolo VI succede a Giovanni XXIII, figura cara alla contemporaneità che aveva voluto un nuovo concilio ecumenico, e questa successione è il punto di partenza della mostra con i ritratti dei due pontefici, custoditi presso i depositi della Fabbrica di San Pietro in Vaticano ed eseguiti da due differenti artisti per la Basilica di San Paolo fuori le mura, utilizzati come base da cui sono stati realizzati i mosaici nella navata centrale, in seguito all’incendio del 1823. Artista che ha espresso bene il pontificato di Giovanni XXIII è Giacomo Manzù che accoglierà il pubblico con un suo celebre Cardinale di Bronzo, che in mostra costituisce una sorta di viatico per poi trovarsi al cospetto degli artisti di Paolo VI.
Accanto alle opere d’arte, la mostra propone un filmato degli anni del pontificato di Paolo VI, fornito da Teche Rai.

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