Roma, complesso del Vittoriano, mercoledì 16 ottobre, alle ore 17.30, inaugurazione della mostra 16 OTTOBRE 1943: LA RAZZIA DEGLI EBREI DI ROMA catalogo edito per i tipi della Gangemi editore
Roma, complesso del Vittoriano, mercoledì 16 ottobre, alle ore 17.30, inaugurazione della mostra 16 OTTOBRE 1943: LA RAZZIA DEGLI EBREI DI ROMA catalogo edito per i tipi della Gangemi editore
Mercoledì 16 ottobre 2013, alle ore 17.30, presso il Complesso del Vittoriano di Roma, Sala Zanardelli, ingresso Ara Coeli, inaugurazione della mostra 16 ottobre 1943: La Razzia Degli Ebrei Di Roma catalogo pubblicato per i tipi della Gangemi editore.
La mostra è aperta al pubblico fino al 30 novembre 2013, dal lunedì al giovedì 9.30 – 18.30, venerdì, sabato e domenica 9.30 – 19.30 (l’accesso è consentito fino a 45 minuti prima dell’orario di chiusura).
Nel 2013 ricorre il settantesimo anniversario del 16 ottobre 1943, data del più grande rastrellamento degli ebrei in Italia. Questo è un giorno di focale importanza per la memoria collettiva della città di Roma, che lo commemora con fiaccolate, convegni, manifestazioni varie. Oggi viene descritto per la prima volta in una mostra che racconta i drammatici eventi di quei giorni, con un impatto visivo capace di segnare la memoria della collettività tutta. Un’esposizione che si concentra sulla sorte degli ebrei della capitale, vittime della politica di sterminio nazista, ma che si rivolge a tutti gli italiani, perché si tratta della loro storia. I nomi delle 1022 vittime della retata introducono il percorso espositivo. Si comincia con una panoramica della storia della comunità ebraica romana, dalle origini fino al 1943, toccando il periodo dell’emancipazione, quando gli ebrei credevano di essere definitivamente diventati parte integrante della società in cui vivevano, quello della Prima guerra mondiale, quando erano orgogliosi del loro essere italiani, dimostrandolo col sangue, per poi affrontare l’infamia delle cosiddette “Leggi razziali”, che hanno bruciato ogni illusione di una definitiva integrazione. Si arriva poi all’occupazione tedesca, dopo la caduta di Mussolini e l’annuncio dell’armistizio, dal ricatto dei 50 chili d’oro pretesi dai nazisti al furto dei libri e delle liste dei contribuenti presso gli uffici della Comunità ebraica. Si entra quindi nello specifico della razzia, con nuovi documenti recuperati, con i disegni originali di Aldo Gay (pittore ebreo romano che, scampato all’arresto, realizza sul posto straordinarie immagini a carboncino della razzia), con i racconti dei testimoni, con la visualizzazione degli arresti con una mappa interattiva della città. Per la prima volta viene analizzata la retata anche con l’aiuto delle testimonianze di chi l’ha eseguita, da Kappler ai componenti delle squadre d’arresto, con rarissime immagini inedite di alcuni di loro. Ma la narrazione mette al centro il punto di vista delle vittime, attraverso le loro storie, racconti, documenti originali, volti. Il visitatore può seguirne le vicende, dall’arresto, all’interno del Collegio Militare, alla partenza dalla stazione Tiburtina nei vagoni piombati, all’arrivo a Birkenau, dove sono sottoposti alla disumana procedura della cosiddetta “selezione iniziale” in cui i nazisti decidono di ucciderne la quasi totalità nelle camere a gas, inserendo nel campo solo 149 uomini e 47 donne. Uno sguardo particolare è rivolto all’atteggiamento del mondo esterno di fronte agli arresti: da quello del Vaticano, a quello della popolazione italiana, fino alle notizie giunte agli Alleati. Si prosegue con l’analisi del tentativo degli ebrei sfuggiti alla cattura il 16 ottobre di mettersi in salvo attraverso fughe e nascondigli, aiutati dalla popolazione non ebraica e da istituti religiosi o con l’aiuto di proprie organizzazioni, come la Delasem (Delegazione per l’Assistenza degli Emigranti Ebrei). Ci si sofferma infine sulla dolorosa ricerca dei dispersi, sulle biografie dei sedici sopravvissuti e il loro traumatico ritorno alla vita. L’esposizione chiude con le commoventi immagini di chi non è tornato. Ricorderanno a tutti l’incolmabile vuoto che queste persone hanno lasciato.
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